Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 27 ottobre 2003

“Un archivio raccolga l’eredità di Modigliani”

La proposta nel trigesimo della scomparsa: da Bankitalia un’iniziativa per non disperdere i contributi del Nobel

Un mese fa, il 25 settembre, moriva all’ età di 85 anni nella sua abitazione a Cambridge, presso Boston, il premio Nobel per l’ economia Franco Modigliani. Lo ricorda qui Tommaso Padoa-Schioppa. Per cogliere il segno della sua opera, ricorda, basta pensare alla sfide del nostro Paese negli ultimi decenni: crescita produttiva impetuosa e disordinata, un assetto sociale in trasformazione, una democrazia nascente e incompiuta. Modigliani è stato negli anni consigliere, ispiratore, persuasore. Ma nessuno – che fosse persona, istituzione o partito – poteva illudersi di arruolarlo fra i suoi.


Per circa trent’ anni, Franco Modigliani è stato l’ economista che ha esercitato maggiore influenza sulla politica economica italiana. In tal modo egli ha lasciato un’ impronta nella storia del nostro Paese.

E’ stato influente nel triplice modo che si può concepire per una società democratica: verso la comunità scientifica, verso la gente comune e verso la classe dirigente. Egli è stato, in primo luogo, punto di riferimento critico della professione accademica; ha formato molti dei migliori economisti oggi in cattedra; ha dato una misura e un controllo di qualità alla produzione scientifica italiana. E’ stato, poi, colui che sapeva spiegare al cittadino attento che cosa doveva essere fatto e che cosa doveva essere evitato nel governo dell’ economia, spesso persuadendolo di verità spiacevoli; l’ impiegato, il piccolo imprenditore, l’ operaio, lo capivano e avevano fiducia in lui. E’ stato, infine, interlocutore e consigliere dei potenti, di coloro che conducevano la politica economica, quali ministri, sindacalisti, industriali, banchieri centrali. Lungo tutti questi fronti egli era, pur lontano, attento e vicinissimo.

Per cogliere il segno impresso da Modigliani nella politica economica italiana, basta pensare alle grandi sfide che lo sviluppo del nostro Paese ha affrontato negli ultimi decenni. Sfide che nascevano da una crescita produttiva impetuosa e disordinata, da un assetto sociale in trasformazione, da una democrazia nascente e incompiuta, ma anche da errori, demagogia, arcaismi ideologici, occasioni mancate. Quelle sfide investirono, secondo i momenti, i campi più diversi del sistema economico: inflazione, indicizzazione salariale, occupazione, pensioni, disavanzo e debito pubblico, moneta europea. In esse, complesse questioni di teoria si coniugavano spesso con delicati equilibri del sistema sociale. Erano, il più delle volte, sfide laceranti non solo per la politica economica, ma per la politica tout court, per sindacati, imprese, famiglie.

Ci possiamo chiedere quali elementi si siano combinati nella misteriosa ricetta che ha fatto di Modigliani una figura tanto influente. Il primo è senz’ altro il rigore intellettuale e scientifico, accompagnato dal fatto che Modigliani non smise mai di essere, innanzi tutto, un ricercatore e un insegnante. I suoi interventi non erano scissi dall’ opera attiva di studioso. Le sue prese di posizione erano per lo più accompagnate e sostenute da articoli scientifici.

In secondo luogo il senso della realtà, la conoscenza dei fatti. Chi ha conosciuto Modigliani sa quanto lunga fosse la fase dell’ informazione, quanto incessante il suo domandare, quanto accurata fino alla pedanteria l’ analisi dei dati. La conoscenza dei fatti si estendeva alle istituzioni, alle procedure, alle leggi, alle motivazioni delle parti sociali ed economiche.

In terzo luogo, l’ indipendenza dal potere. Se l’ economista non assume direttamente la veste del politico e resta consigliere, ispiratore, persuasore, l’ indipendenza dal potere è strumento indispensabile. Nessuno – persona, istituzione o partito – poteva illudersi di arruolare Modigliani tra i suoi. Lo trovava oggi al suo fianco, domani suo acceso avversario, con identico vigore polemico e allegria. Per l’ intellettuale che voglia porsi in rapporto col potere, e forse in special modo per l’ economista, la totale indipendenza dal potere non è solo uno strumento; è, ancora prima, un’ etica. Poi, la capacità di farsi capire e di persuadere. Ricordiamo la concretezza dei suoi esempi, la sua capacità di semplificare teoremi complessi per renderli comprensibili a tutti, il suo considerare qualunque interlocutore (primo ministro o cameriere d’ albergo) ugualmente bisognoso e capace di capire, ugualmente meritevole del suo tempo. Decenni dopo aver lasciato l’ Italia uscivano dalla sua bocca parole italiane concrete e forti tratte direttamente da Dante o Manzoni. Il giorno del Nobel spiegò limpidamente al telegiornale, nel minuto e mezzo datogli dall’ intervistatore, la teoria del ciclo vitale del risparmio che gli aveva valso il premio.

Infine, la passione civile, molla indispensabile per curarsi della cosa pubblica senza ricerca del tornaconto personale. Quando si occupava di questioni italiane, Modigliani aveva la passione civile di un italiano; e molti conoscono la rapidità con cui, nel suo discorrere, il pronome «noi» cessava di riferirsi agli americani per significare «noi italiani». Era, ancor più profondamente che un mai spento sentirsi italiano, una passione di uomo per la civitas. Egli l’ aveva a Washington quando parlava al Congresso, a Madrid quando discuteva di politica economica spagnola o a Francoforte quando criticava la Bundesbank.

Ci vorrà tempo per misurare appieno che cos’ ha significato Franco Modigliani per la politica economica italiana. Il suo apporto ha preso la forma di innumerevoli articoli, interviste, discorsi, appunti, incontri pubblici e privati. Questo sparpagliato tesoro dovrebbe ora essere raccolto e inventariato in modo completo in un «Archivio Modigliani», insieme con testimonianze raccolte direttamente da chi è stato suo interlocutore o collaboratore (mancheranno, purtroppo, quelle di uomini come Carli, Lama, Ugo La Malfa, lo stesso Andreatta). La Banca d’ Italia, della quale egli è stato consulente per anni, e di cui ha formato gran parte dei quadri dirigenti, compreso l’ attuale governatore, potrebbe assumere – forse in collaborazione con l’ Accademia dei Lincei – l’ iniziativa di una tale impresa, quale segno di riconoscenza del nostro Paese.

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Data
27 ottobre 2003
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera