Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 1 maggio 2000

L’Italia e la region di Stato

Federalismo e unità


Fra pochi giorni, con l’ insediamento dei nuovi poteri regionali, iniziera’ la terza e decisiva fase di una delle piu’ profonde trasformazioni che lo Stato italiano abbia compiuto dal 1861, quando esso nacque. E’ un passaggio non meno importante dell’ introduzione del suffragio universale nel 1913, o del passaggio dalla monarchia alla Repubblica nel 1946, o della formazione dell’ Unione Europea. Si tratta della trasformazione dello Stato centralizzato di tipo francese in Stato federale di tipo tedesco, nel quale il potere e’ distribuito verticalmente su piu’ livelli. Le due precedenti fasi di questa trasformazione furono la modifica delle norme costituzionali sulle regioni, l’ anno scorso, e l’ elezione, due settimane fa, dei presidenti e dei consigli regionali.

Le ripercussioni che le elezioni regionali hanno avuto immediatamente sulla politica nazionale hanno diminuito l’ attenzione rivolta alla novita’ principale. Hanno cosi’ mostrato come la politica e le istituzioni italiane debbano ancora completare il proprio apprendistato alle caratteristiche di uno Stato federale. I tempi per chiarire il significato del passaggio in corso, per affrontare i problemi che esso pone e per realizzare le condizioni affinche’ ne maturino buoni frutti per l’ Italia, sono stretti. E’ urgente che si sviluppi un’ aperta riflessione. Vorrei contribuirvi con due osservazioni.

Prima osservazione: tra i diversi livelli di governo deve esserci indipendenza politica. Che comuni, regioni e Stato debbano essere uniformemente governati dalle stesse forze politiche e’ un’ idea errata. Essa contraddice il principio stesso del federalismo; nasce da un principio opposto, quello di un potere monolitico e indivisibile, rispetto al quale i poteri locali sono mera emanazione di uno Stato centralizzato (in Francia le licenze e le tariffe dei taxi sono stabilite, in ogni citta’ , dal prefetto).

In Paesi federali, come gli Stati Uniti e la Germania, dove la divisione verticale del potere ha una lunga tradizione, le regole istituzionali e il costume politico separano la politica locale da quella nazionale. Negli Stati Uniti, la separazione e’ assicurata dalla simultaneita’ dell’ elezione per contee, stati e federazione. In Germania, all’ opposto, dal fatto che le elezioni nei Lander sono sparse nel tempo, ciascuna seguendo un proprio calendario. In Italia si e’ voluto per decenni che le amministrazioni comunali fossero disfatte e rifatte ogniqualvolta mutava qualcosa nella maggioranza al centro; e sono passati pochi mesi da quando lo stesso criterio e’ stato usato per ribaltare le amministrazioni di alcune regioni. La ricerca della massima possibile omogeneita’ politica tra centro e periferia era anche espressione del fatto che, in ultima analisi, la formazione dei governi, centrali e locali, era largamente decisa in sedi (le segreterie dei partiti) sottratte al controllo degli elettori e dotate, per effetto della frammentazione delle forze politiche e della conseguente necessita’ di alleanze e coalizioni, di amplissimi spazi di manovra. Oggi le leggi elettorali stesse dei comuni e delle regioni impongono l’ indipendenza politica tra i diversi livelli di amministrazione. E’ importante per tutti che la novita’ sia compresa e assimilata.

Seconda osservazione: i diversi livelli di governo sono parti complementari, non alternative, di un unico Stato. Lo Stato non cessa di essere unitario per il fatto di essersi dato un ordinamento federale. Sembra una banalita’ ricordarlo, ma in alcuni momenti dell’ ultimo decennio si e’ potuto temere che leggerezza e ignoranza avessero offuscato questo fatto elementare.

Sulla radicale diversita’ tra federalismo e secessionismo le menti si erano confuse. Tale era l’ esasperazione per le disfunzioni dell’ amministrazione statale; tale l’ incomprensione del sistema politico amministrativo verso il sorgere di una questione settentrionale.

Ogni persona e’ parte di molte collettivita’ , via via piu’ ampie: nello Stato – nazione le comunita’ sono municipali, regionali, nazionali; oltre esso, sono l’ Unione europea, l’ umanita’ intera. Ognuna di queste collettivita’ ha “beni comuni” propri, dunque proprie esigenze di governo e di rappresentanza, diritti, lealta’ . Ma l’ insieme e’ reso unitario proprio dal fatto che lo stesso individuo appartiene contemporaneamente a quelle diverse comunita’ ; nasce, in ultima analisi, dall’ unita’ dell’ essere umano. Affinche’ la convivenza tra le persone sia pacifica e benefica e’ necessario che ciascun bene comune (il giardino pubblico, i diritti civili, la sicurezza dei confini, la pulizia dell’ aria) sia affidato al livello piu’ appropriato. Ma e’ non meno necessario che i diversi piani cooperino costruttivamente.

Nel mondo in cui oggi viviamo il potere che, in punto di fatto, costituisce la chiave di volta dell’ intero sistema e’ quello dello Stato nazionale. E’ anche per questo che le nuove norme costituzionali sulle regioni affidano al “governo della Repubblica” il compito di “promuovere la questione di legittimita’ costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale”.

Il governo della Repubblica e’ anche il soggetto rilevante attraverso il quale gli Stati – membri partecipano all’ Unione europea, cioe’ alla sede dove ormai si decide gran parte delle questioni attinenti la vita economica. I presidenti regionali stessi scopriranno presto quanto sia importante, nel confrontarsi degli interessi e nel sistema dei negoziati, avere un governo e un’ amministrazione nazionale autorevoli ed efficaci. Chi tratta con Bruxelles sono i governi, non le regioni. Lo sanno bene coloro che da tempo presiedono regioni forti e autonome, come la Baviera e la Catalogna.

Un ordinamento federale, nel quale porzioni maggiori della cosa pubblica siano affidate a comuni e regioni, puo’ e deve essere un ordinamento piu’ efficiente e piu’ democratico di quello centralizzato. Esso deve servire a rafforzare lo Stato, non a indebolirlo, tanto meno a sopprimerlo o ad alimentare l’ illusione che l’ autorita’ centrale sia inutile. Poiche’ le diverse regioni inevitabilmente sono affidate a forze politiche tra loro diverse, e poiche’ i governi regionali sono chiamati a cooperare tra loro e con quello centrale nei numerosi campi in cui le competenze sono congiunte, un ordinamento federale puo’ e deve contribuire a ridurre inutili asprezze del contrasto tra forze concorrenti. Esso obbliga tutte le formazioni politiche alla concretezza e alla responsabilita’ che solo l’ effettivo, e revocabile, esercizio del potere impone. Costituisce un sistema di formazione alla politica e all’ arte di governo molto piu’ sano delle sole macchine di partito.

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Data
1 maggio 2000
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera