Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 18 settembre 2005

L’arte inutile della sproposta

Consuetudini estive.

Una nota storiella racconta di tre uomini soli e affamati in un’ isola deserta, privi di strumenti per aprire le scatolette contenenti il solo cibo che avevano. Dopo che il fisico e il chimico ebbero prospettato complicati artifici per venire a capo del problema, l’ economista avanzò quella che chiamerei una tipica sproposta: «Supponiamo di avere un apriscatole ».

La sproposta è la combinazione di una proposta e di uno sproposito. Si presenta come l’ idea brillante che risolve una questione spinosa, ma in realtà l’ idea è impossibile, controproducente, insensata. Solo l’ osservatore molto attento si accorge del vizio congenito, e se lo fa notare egli appare spesso un guastafeste.

La sproposta è un’ arte quando l’ attenzione necessaria per scoprire il difetto fatale è tanto elevata, da far passare lo sproposito del tutto inosservato. Nei casi sommi la pensata brillante viene ricordata con nostalgia per molto tempo dopo che lo spinoso problema è passato di attualità.

L’ idea si presenta, infatti, come l’ uovo di Colombo: l’ impressione generale è che se solo venisse accettata e messa in opera, tutti sarebbero soddisfatti e lo spinoso problema scomparirebbe. Politici, specialisti, imprenditori, allenatori di calcio, banchieri centrali vengono additati al pubblico biasimo per la gretta ostinazione con cui recalcitrano ad accogliere il geniale suggerimento. Il suo autore è l’ eroe della giornata, il beniamino di tutti coloro che credono nella tecnica, diffidano della politica e lamentano che non ci sia mai l’ uomo giusto al posto giusto.

Jean Monnet, uno straordinario risolutore di situazioni impossibili e un vero artista della persuasione, diceva che quando un nodo appare insolubile, per risolverlo occorre mutare il contesto. E questo procedimento è davvero risolutivo quando il diverso contesto prospettato è più vero, più fattibile, più reale, più auspicabile di quello nel quale la questione era stata affrontata fino a quel momento. In tale caso il cambiamento riporta il problema nel suo giusto contesto, e perciò permette di risolverlo. Mi appoggio a tutto, soprattutto all’ ostacolo, diceva ancora lo stesso Monnet.

La caratteristica della sproposta, invece, è di porsi, per così dire, fuori dal problema, di contemplare o presupporre un cambiamento cervellotico. Per esempio, essa rappresenta una semplice petizione di principio: dà per ipotesi già sciolto il nodo cui sembra offrire uno scioglimento. Oppure presenta enormi inconvenienti, che però insorgono al di fuori del campo di osservazione considerato nella discussione. L’ idea appare, così, a prima vista geniale e risolutiva, ma è un vero sproposito perché il cambiamento è esso stesso impossibile o indesiderabile o entrambe le cose.

In realtà, lo scopo della sproposta non è risolvere la questione, bensì dare lustro al suo autore, accrescerne il prestigio e proporlo per qualche funzione di rilievo o per qualche riconoscimento. Per questo fine è meglio, anzi essenziale, che l’ idea non sia accolta e, preferibilmente, che non sia neppure presa in considerazione nelle sedi deputate a decidere. Se questo è il caso, lo sproponente acquista l’ aura del profeta inascoltato, oltre a quella del grande esperto.

Quando il problema è veramente arduo, la formula che può risolverlo ha tanta più probabilità di essere accettata quanto più essa si fa strada in un clima di riservatezza. George Schultz diceva che a Washington un bravo politico può realizzare qualunque progetto, a patto che non pretenda gliene sia riconosciuta la paternità. La sproposta, al contrario, raggiunge il suo scopo solo se è fatta attraverso i giornali o la televisione. La formula davvero risolutiva opera in modo da far passare il problema quasi inosservato, di ridurlo invece di ingigantirlo. La sproposta, invece, ha bisogno di un problema visibilissimo e incattivito. Una forma tipica di arte della sproposta è la mediazione non richiesta, svolta in pubblico.

Un aspetto importante dell’ arte della sproposta è la scelta di tempo e di luogo. È essenziale intervenire al momento giusto e nel luogo giusto, che di solito sono luogo e tempo giusti per la gloria del proponente e sbagliati per la soluzione. L’ estate, povera di notizie, è una stagione molto adatta alle sproposte.

Come ogni arte, anche quella della sproposta ha bisogno di un mecenate. Il mecenate è la stampa, che le offre sostegno nella forma di pubblicità gratuita e di promozione, ricevendone in cambio interesse dei lettori. L’ arte della sproposta, in effetti, vive solo sui mezzi d’ informazione e non trova mai collocazione definitiva nei musei o nelle dimore private, al pari di certe moderne installazioni d’ arte che vivono il tempo della Biennale e poi vengono smantellate per sempre. Certe sortite servono solo ad accrescere la popolarità di chi le fa

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Data
18 settembre 2005
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera