Tommaso Padoa-Schioppa – i mercati dalla vista corta
Nella crisi gli equilibri del mondo cambiano; lâÂÂarte di chi dirige deve essere di indirizzarli verso un assetto dove la forza della legge prevalga sulla legge della forza. Attingendo alla sua esperienza di banchiere centrale e di ministro, dietro le quinte dei vertici internazionali, Tommaso Padoa-Schioppa nel suo libro appena uscito La veduta corta (conversazione con Beda Romano sul grande crollo della finanza, ed. Mulino, pp. 188, e14) denuncia gli errori che ha visto commettere. Sostiene che oggi una grande occasione può essere colta dai governanti, perché la globalizzazione diventi più equa e meno fragile; vede motivo di sperare soprattutto in Obama, e paradossalmente nella Cina, paese che pur non essendo democratico ëha lo sguardo lungo della sua storia e della sua filosofiaû.
Nel suo libro lei dice che stiamo vivendo una crisi non soltanto economica, ma politica e culturale; che siamo guidati da classi dirigenti responsabili di gravi errori di miopia.
ëNei passati 15 anni i motori della forte crescita erano due, gli Usa e lâÂÂAsia orientale: lâÂÂuno fondato sul superfluo e sul debito, lâÂÂaltro sul risparmio e sullâÂÂaccumulazione. Penso che il motore americano non potràe non dovràpiù esercitare la stessa spinta. Quel motore sovralimentato ha fuso. Uscire dalla crisi non potràsignificare ritornare sul sentiero che vi ci ha portato. Bisogna che questo lo capisca la società, che lo capiscano e lo spieghino soprattutto coloro che in essa hanno un ruolo di guida, come governanti, intellettuali, imprenditori, sindacalisti. Capisco che al momento tutto lo sforzo sia volto a non cadere nel baratro di una recessione pesante; ma occorre rendersi conto che nessuna politica economica potràevitare un rallentamento, per molti anni, della crescita del paese più riccoû.
Un banchiere francese che è anche uomo di cultura, Michel David-Weill, vede negli ultimi anni, come in quelli che portarono alla grande crisi degli Anni 30, un identico segno di hybris: ëla parte più ricca delle nostre societàha esageratoû. I dimostranti di Londra hanno creduto di vendicarsene sfasciando le vetrine delle banche. Quali sono le colpe, secondo lei?
ëNegli Stati Uniti una politica volta a favorire con il credito lâÂÂacquisto della casa per tutti permetteva di affermare che si premiava anche il ceto medio-basso, proprio mentre si allargava la forbice tra i redditi, si riduceva lâÂÂimposta ai più abbienti e i dirigenti di azienda assegnavano a se stessi retribuzioni elevatissime. La parte più ricca ha speciali responsabilità, ma la hybris è più generale. Questa è la crisi di un modello di crescita senza formazione di risparmio, di consumo a credito, di accumulo di debito. Credo che le sue determinanti siano state tre: lâÂÂideologia fondamentalista del mercato, la veduta corta (dei mercati, della politica, delle imprese, dei consumatori, delle classi dirigenti), il nazionalismo delle politiche economicheû.
Lei esorta a seguire Immanuel Kant, non Thomas Hobbes, nel costruire il governo del mondo. Ovvero: in una fase che vedràridimensionarsi gli Stati Uniti e crescere altre potenze, un assetto alla Hobbes, fondato su aggiustamenti successivi dei rapporti di forza, ci regalerebbe anni e anni di instabilità; mentre occorre progettare un passaggio di poteri dagli Stati – dagli Usa in primo luogo, ma anche da altri – alle organizzazioni internazionali: kantianamente, la forza della legge, per una globalizzazione che sia governata. Il vertice G-20 della settimana scorsa in che direzione si è mosso?
ëIl risultato di Londra andràvalutato con calma. Mi pare migliore delle polemiche che avevano preceduto il vertice. Non mi erano piaciute le esortazioni americane agli europei. Neppure ho mai condiviso la concezione, molto popolare in Germania, secondo cui per lâÂÂequilibrio internazionale basta che ognuno tenga ordine in casa propria. No, occorre assumersi responsabilitàglobaliû.
Obama ha riconosciuto, proprio a Londra, che gli Usa non potranno più svolgere il ruolo di prima. Le crisi sono il momento propizio per allungare lo sguardo. Quanto ci riescono, le classi dirigenti del mondo?
ëChe alla Casa Bianca ci sia una personalitàeccezionale come Barack Obama continua a dare grande speranza. Poi è una novitàimportantissima la proposta della Cina sul nuovo assetto monetario internazionale. Non va assolutamente lasciata cadereû.
Molti governanti dellâÂÂOccidente si sono riempiti la bocca dellâÂÂauspicio di ëuna nuova Bretton Woodsû. Poi lâÂÂunica proposta è venuta dal governatore della Banca di Cina, Zhou Xiaochuan, per una moneta collettiva, diversa dal dollaro, gestita dal Fmi. Pare simile alle idee del suo libro.
ëConosco da anni il governatore Zhou e sono certo che il passo di estrema importanza da lui compiuto abbia il consenso del governo del suo paese. Le idee di Zhou sono forse poco popolari tra i banchieri centrali e gli economisti dellâÂÂultima generazione, ma partono dallâÂÂesigenza profonda e reale di dare allâÂÂeconomia globale un suo standard monetario diverso da una moneta nazionale governata per fini nazionali. A mio giudizio sarebbe un delitto se la proposta fosse lasciata cadere e faccio quanto posso perché ciò non avvenga. Abbiamo unâÂÂopportunitàda cogliere al volo, in questa fase in cui la Cina emerge come grande soggetto politico mondiale, ma ha ancora bisogno del riconoscimento delle altre potenze. Se il tema posto dai cinesi non saràaffrontato con un atteggiamento aperto, il rischio è che lâÂÂeffetto combinato di mercati nervosi e miopi, e di politiche monetarie nazionalistiche, aggravi la crisi. Non si può pensare che il sommarsi del crollo della finanza americana, di una crescita mondiale più lenta e della decelerazione del commercio lascino inalterato il ruolo del dollaroû.
Strano che un paese autoritario come la Cina scelga una via, come lei dice, kantiana.
ëKant pensava che la pace nel mondo dovesse presupporre lâÂÂaffermarsi, ovunque, di regimi repubblicani, non di autocrazie. Mi pare che la Cina di oggi sia governata da una oligarchia; unâÂÂoligarchia illuminata per gli aspetti attinenti allâÂÂeconomia, fondata sulla cooptazione dentro un partito comunista che ha 60 milioni di iscritti e recluta i talenti migliori. Nella fase attuale, poi, la Cina ha bisogno di essere ammessa ai club internazionali, e forse per questo si dimostra pronta ad accettarne le regole, o a stabilirne insieme di nuoveû.