Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 6 gennaio 2003

Tra il diritto e la necessità

Lavoro: equivoci di un referendum

Col referendum sull’ articolo 18 si avvicina una nuova crisi sulla questione del lavoro. Essa porterà progresso se sarà anche un momento di verità.

In Italia, la legge oggi consente alle piccole imprese di licenziare un dipendente indennizzandolo. Mesi fa, il governo propose di estendere quella facoltà alle grandi imprese. Due sindacati (Cisl e Uil) accettarono; uno (Cgil) si oppose con forza, auspicando, tuttavia, che la facoltà rimanesse alle piccole imprese. Ma negli stessi mesi, muovendosi in senso opposto, fu promosso un referendum popolare per vietare il licenziamento con indennizzo anche alle piccole imprese. Un conflitto di posizioni che Pietro Ichino ha lucidamente illustrato su queste colonne (16 gennaio).

Per capire dobbiamo riflettere sulla nozione di diritto al lavoro e riconoscere che esso costituisce non una parte del diritto del lavoro, bensì il suo limite.

Il lavoro è, innanzi e soprattutto, una necessità, prima che un diritto; tale fu nei millenni e tale è oggi. Lo dicono i proverbi: chi non lavora, non mangia. Allora, che significa essere contemporaneamente una necessità e un diritto? E come garantirne l’ esercizio?

Se lavorare è una necessità, diritto significa che a nessuno dev’ essere impedito di lavorare. In un mondo in cui il lavoro è organizzato e diviso (chi produce cibo, chi vestiti), libertà del lavoro e libertà d’ impresa quasi coincidono. Per entrambi, libertà significa poter realizzare il proprio interesse.

Oggi, gli impedimenti sono numerosissimi; molti disoccupati e lavoratori in nero sono persone cui leggi, regolamenti, contratti collettivi, sentenze di magistrati impediscono di esercitare il diritto al lavoro, o di esercitarlo alla luce del sole.

La Costituzione dice che «la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro» ma qualifica come dovere, non come diritto, lo «svolgere una funzione secondo le proprie possibilità e la propria scelta» (articolo 4).

Va dunque detto con forza ciò che alcuni trovano strano: il diritto al lavoro non ha alcun corrispettivo in un dovere dell’ impresa, piccola o grande che sia. Chi lo ritiene un diritto fondamentale della persona dovrebbe essere l’ ultimo a pensarlo come un dovere dell’ impresa. Sostenere il contrario è demagogico inganno, tradimento del disoccupato e invito all’ odio sociale. Allo stesso modo, la libertà di espressione è libertà da impedimenti, non obbligo per ogni giornale o televisione di ospitare chiunque lo chieda.

I doveri del padrone attuano il diritto del lavoro, non il diritto al lavoro. Al padrone la legge deve imporre onestà, rispetto, correttezza verso il dipendente, tra cui giusta causa per il licenziamento. Il diritto del lavoro deve impedire di sfruttare il lavoratore, approfittando della sua necessità. Oltre un secolo di azione sindacale e politica hanno edificato – in Italia e in Europa occidentale – solidissime tutele del lavoratore.

La Costituzione, oltre a sancire il diritto al lavoro, elenca i capisaldi del diritto del lavoro: retribuzione proporzionata, durata massima della giornata lavorativa, riposo settimanale, ferie pagate, limite minimo d’ età, parità uomo- donna (articoli 36 e 37). Ma mantenimento e assistenza sociale sono un diritto solo per chi sia «inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere». E a essi «provvedono organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato» (articolo 38), non le imprese.

Che oggi il diritto al lavoro non sia realizzato, dipende non dal comportamento del singolo imprenditore o lavoratore, bensì da ostacoli eretti da governi, Parlamenti, organizzazioni sindacali e padronali. Guai a confondere tra al e del: se molti uomini e donne, soprattutto giovani, non trovano occupazione è perché il diritto del lavoro è stato tanto esteso da soffocare il diritto al lavoro; è perché chi è occupato si è organizzato e chiuso in una corporazione difficilmente penetrabile a chi non lo è.

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Data
6 gennaio 2003
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera