Si parli di Stato non di Nazione
2011, che cosa va celebrato.
Ricordo le celebrazioni di Italia 1961: in un Paese giovane e laborioso crescevano il benessere e la democrazia. Lo studio del farsi dell’unità d’Italia, ripetuto alle elementari, alle medie e al liceo aveva costituito in me, come in molti, la struttura stessa del pensarmi come cittadino. Fui inorridito, trent’anni dopo, quando constatai che in un illustre liceo di Roma il capitolo sul Risorgimento, uno solo dell’immenso manuale adottato, era tra quelli che non si chiedeva agli allievi di studiare.
Il terzo cinquantenario si celebra in un momento assai più buio non solo del secondo, ma anche del primo, segnato dalle riforme giolittiane. Oggi ministri che hanno giurato sulla Costituzione annunciano la secessione senza che alcuno strale li colpisca in modo immediato e diretto. Chi tace acconsente. Per il 2011 sono previste, oltre che opere pubbliche, iniziative storico-culturali. E poiché se ne cerca tuttora il filo conduttore, oso una proposta.
Bisogna chiarire bene l’anniversario che sarà celebrato; finora il dibattito pubblico ha del tutto mancato di farlo. Nel 2011 si celebrerà non la nascita della nazione italiana (un fatto di cultura), bensì la fondazione dello Stato italiano (un fatto politico e istituzionale). La nazione esiste dal Medioevo, precede addirittura il formarsi della tedesca, francese, spagnola, britannica. La lingua parlata oggi in Italia assomiglia a quella di Dante come nessuna lingua europea assomiglia al suo progenitore del XIII o XIV secolo. E ha secoli di storia non solo la nazione, ma anche la coscienza di essa da parte degli spiriti illuminati: basta rileggere Dante, Petrarca, poi Machiavelli.
Soltanto dopo secoli di divisione, asservimento, decadenza materiale e civile, crebbe e si realizzò l’idea di dare all’Italia uno Stato, istituzioni, leggi, poteri. La peculiarità della storia italiana non è la nascita recente della nazione, è la combinazione di una nazione precoce e di uno Stato tardivo. Finalmente, nell’Ottocento, lo Stato italiano nasce e nel 2011 è dunque di questo che si deve parlare. Tanto più che molta, molta materia ci impone di riflettere, di compiere un esame di coscienza, di correggere comportamenti e istituzioni. Nell’Italia di oggi ce n’è per ogni regione e per ogni ceto, per la parte pubblica e per la privata.
Tutte le celebrazioni del 150˚dovrebbero ruotare, a mio giudizio, intorno a un solo grande tema: lo stato dello Stato italiano . È questo — oggi, ma in realtà da tempo — l’organo malato dell’Italia, quello la cui patologia sta facendo deperire l’intero corpo sociale, l’economia, la terra e le acque, la cultura, la scienza, il rapporto con la sfera religiosa. Non è un’esagerazione affermare che dei 150 anni trascorsi dal 1861 forse la metà sono stati consacrati alla costruzione dello Stato italiano; altrettanti a una vera opera di distruzione che si è fatta più intensa negli ultimi decenni e ancor più negli anni recenti. È una dura affermazione che può (e dovrebbe) essere documentata in modo specifico proprio all’avvicinarsi dell’anniversario al fine di preparare un riscatto. Sono ormai gravemente minacciati la democrazia, principi fondamentali dello Stato di diritto, la preservazione del patrimonio artistico, l’ambiente naturale, il fatto stesso di essere uno Stato unitario. Lo Stato, non la nazione, è e deve essere il tema di Italia 2011.