Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 31 gennaio 2006

Salotti buoni e sale da pranzo

Le banche italiane, l’efficenza e gli stranieri.


Per oltre due anni il mondo bancario ha occupato le prime pagine dei giornali con una frequenza che nell’ ultimo quarto di secolo non ha uguale in nessuno dei Paesi coi quali usiamo confrontarci; giornali a larga diffusione, non stampa specializzata. Prima che il tema ritorni al posto più modesto che gli spetta, i lettori, non solo gli specialisti, vorrebbero tirare qualche conclusione da tenere in mente per il futuro.

Di solito, quando un settore economico va in prima pagina – dove mai rimane a lungo – è perché sta male: penuria o rincaro dell’ energia, mucca pazza e bistecca disossata, gelata degli ortaggi, sciopero dei trasporti, metanolo nel vino, licenziamenti nell’ industria. L’ economia di mercato fa notizia solo quando il mercato malfunziona.

Negli ultimi due anni nessuna grande banca italiana ha chiuso gli sportelli o mancato di restituire i depositi; tanto meno è crollato l’ intero sistema bancario, come pure è accaduto, solo pochi anni fa, in Paesi illustri quali Svezia o Finlandia. Ci sono stati, invece, mali consigli ai risparmiatori, inadempienze e probabili violazioni di codici etici da parte di amministratori, violazioni delle leggi civili e penali, omissioni degli organi di controllo interno ed esterno, silenzi e opportunismi delle associazioni di categoria.

A ben vedere, però, scalate, concerti, frodi, cadute di stile, inadempienze – pur gravi e importanti – sono poco più che un contorno e sono prosperate in un terreno reso fertile da due condizioni di fondo.

Le due condizioni riguardano la proprietà e la qualità dei servizi bancari. Proprietà delle banche e qualità dei servizi non sarebbero salite fino alle prime pagine, se la cronaca giudiziaria e di costume (privato e pubblico) non le avesse rese appetitose alla generalità dei lettori. È di esse che bisogna fare l’ analisi.

Cominciamo dalla qualità dei servizi; se ne è parlato di meno, ma lì sta la radice anche della questione proprietaria.

I servizi. Le banche ne rendono tre: prendono, danno e trasferiscono il denaro. In altre parole, amministrano il risparmio delle famiglie, finanziano gli investimenti e la produzione delle imprese, effettuano i pagamenti per conto di entrambe. Confrontati con altri Paesi, tutti e tre i servizi sono da noi assai costosi e di qualità insufficiente: è esperienza quasi quotidiana, ed è documentato da studi e inchieste (eloquentissima quella televisiva di «Report»). Esclusione dal credito se non si possiede già un capitale equivalente; informazioni insoddisfacenti; consigli non buoni; tariffe esorbitanti; sportelli chiusi nell’ ora del pranzo; e via dicendo. In termini economici si chiama inefficienza, nel senso che né il prodotto né il suo prezzo sono ottimali.

L’ inefficienza è nozione che va guardata bene. Vista in grande, essa produce un danno complessivo all’ economia: minore crescita e spreco di risorse. Vista in piccolo, essa procura svantaggi solo ad alcuni, mentre ad altri procura grandi vantaggi. I vantaggi se li spartiscono proprietari delle banche, dirigenti incapaci, impiegati in soprannumero, clienti che ottengono credito senza produrre ricchezza, fornitori di cose inutili. Gli svantaggi avviliscono le imprese con buoni progetti e poche garanzie, i cittadini che perdono tempo e strapagano i servizi.

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Data
31 gennaio 2006
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera