Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 29 agosto 2000

L’esempio tedesco da seguire subito

Sfiducia costruttiva per una stabilità futura


«Il Bundestag (Parlamento, ndr) può esprimere un voto di sfiducia al cancelliere federale solamente quando elegge, alla maggioranza dei propri membri, il successore»: su questa semplice norma costituzionale, assai più che sul metodo elettorale, la Germania ha fondato il proprio sistema politico nel dopoguerra. Quante, delle oltre cinquanta crisi di governo italiane, avrebbe evitato la semplice regola secondo cui prima di distruggere bisogna costruire? L’ Italia ha ancora il tempo, in questo scorcio di legislatura, per introdurla nella Costituzione. Eliminerebbe così il male che più affligge la politica e l’ economia: la discontinuità dell’ azione di governo.

Che sia il male maggiore è giudizio condiviso dalla generalità dei cittadini e degli studiosi. Giovanni Sartori ha, è vero, spiegato che la stabilità non basta, ma concorda che è necessaria. La discontinuità nuoce gravemente all’ economia e ne mina la competitività. Chiunque abbia la responsabilità anche solo di un ufficio, sa che nessun programma si realizza in meno di qualche anno di tranquillo lavoro. La discontinuità nuoce alla democrazia: che cosa si giudica, infatti, al momento di votare, se, dall’ elezione scorsa, hanno governato in tanti e in tanti diversi modi? E che senso ha votare, se al voto seguiranno governi a singhiozzo?

La precarietà dei governi genera l’ impotenza e il discredito di cui soffre, spesso ingiustamente, la classe politica. Essa priva anche il migliore dei ministri della necessaria autorità verso il suo stesso ministero, verso le categorie cui si rivolge, verso i colleghi europei che periodicamente incontra. Tanto non dura, pensano tutti.

La diagnosi è dunque chiara. Quale la terapia? Cambiare la legge elettorale, si risponde, provandoci invano da oltre quindici anni. Ma rispetto alla modifica costituzionale la riforma elettorale è una via più ardua, costosa, probabilmente inefficace. Più ardua perché, oltre a richiedere, di fatto, lo stesso ampio accordo che serve a cambiare la Costituzione, tocca una materia più complessa, divide i grandi partiti dai piccoli e incontra la riluttanza di ogni Parlamento a modificare il metodo che l’ ha eletto. Costosa, perché la rude semplificazione della geografia parlamentare richiesta per la stabilità di governo impoverisce l’ ancor più fondamentale funzione del Parlamento di fare le leggi. Inefficace, perché il vizio di distruggere senza ricostruire è tanto radicato nel costume politico che solo attaccandolo direttamente si può forse estirparlo.

La continuità d’ azione è resa ancor più indispensabile dal fatto che sopra (a Bruxelles), sotto (nelle Regioni e nei Comuni) e accanto (negli altri Paesi) al governo centrale vi sono ormai governi stabili, pronto ciascuno a pascolare nel prato degli altri.

Secondo Karl Popper l’ essenza della democrazia sta non nel garantirci un governo buono, ma nel darci il metodo più civile per eliminarne uno cattivo. Sì, ma il governo non sarà mai buono se eliminarlo è troppo facile. Per costruire una democrazia sana Germania e Italia scelsero, dopo la dittatura, vie opposte: una allestì difese contro l’ instabilità dei governi, l’ altra contro la loro stabilità. Il tempo ha giudicato. L’ Italia, piace sperare, ha ritrovato una «cultura della stabilità». Ma per avere continuità di governo la cultura non basta. Occorrono regole e istituzioni.

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Data
29 agosto 2000
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera