Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 13 marzo 2004

L’economia tra legge e natura

Bisogni, risorse e ricchezze

Pubblichiamo un estratto della lezione «L’ economia tra physis e nomos» tenuta ieri da Tommaso Padoa-Schioppa all’ Università degli studi di Bari, in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Giurisprudenza.


Quale tipo di leggi governa l’ economia? Leggi di natura o leggi umane? Oppure una combinazione tra esse? Nel pensiero greco i due termini prendono il nome di nomos e physis: uno è la legge scritta dagli uomini, l’ altra è la legge scritta nel libro della natura, estranea alla nostra volontà.

Nel campo dell’ economia molti rifiutano il concetto stesso di legge di natura, perché nei comportamenti sociali nulla può essere predeterminato; qui stanno la libertà e la nobiltà dell’ uomo. Eppure la nascita stessa dell’ economia come scienza contiene in sé l’ idea di una legge di natura.

In campo economico, forse nulla illustra la questione meglio della disputa secolare sul prestare denaro contro interesse: non vi è forse, alla sua radice, uno scontro tra una cosa che la nostra sensibilità morale ritiene sconveniente (il guadagnare senza far nulla) e una cosa tanto naturale quanto è il valore del tempo?

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La compresenza di physis e nomos nella vita economica è antichissima. Leggi della natura dal lato dei bisogni – nutrirsi, ripararsi dalle intemperie – e, ancor più, dal lato delle risorse; ma anche regole di convivenza, perché i beni sono frutto di sforzi congiunti, il lavoro va organizzato, il prodotto va scambiato e ripartito.

Tra i due ordini di leggi vi furono per lunghissimo tempo distinzione e separazione. La natura era inalterabile, oggettiva, più forte dell’ uomo; le leggi umane, soggettive e arbitrarie, dovevano tenerne conto.

Negli ultimi due secoli, si sono moltiplicate le reciproche invasioni di campo. Fondare l’ economia come scienza significò riconoscere che nel campo economico operano leggi, che pur riguardando il comportamento umano hanno gli stessi caratteri di scientificità e necessità che sono propri delle leggi fisiche e biologiche.

Leggi di natura, non della natura. Enunciare leggi siffatte, impersonali, prive di morale, equivale a portare la physis nel campo dell’ eco-nomia, del nomos.

Ma, proprio nella stessa fase storica, il confine prese a essere varcato anche in senso inverso. Ciò avvenne sotto la spinta di molti fattori: progresso della tecnologia ed emergere di nuovi ceti sociali, trasformazione degli ordinamenti politici ed evoluzione della coscienza sociale, sviluppo dell’ economia come scienza e disposizione a trasformare la scienza in tecnica. Si rovesciò il rapporto tra nomos e physis, quasi si ruppe un equilibrio millenario.

L’ invadenza del nomos assunse varie forme, la più radicale, grandiosa e devastante delle quali fu indubbiamente il progetto d’ ingegneria sociale condotto in nome del comunismo. Ma in forme più blande essa fu praticata per gran parte del XX secolo anche nelle economie che si dicevano «di mercato». Le leggi umane hanno spesso relegato la natura nell’ ombra, anzi nella notte fonda, impedendole di operare alla luce del sole. Anche per bisogni elementari quali il lavoro, l’ alloggio, il risparmio, mercato sì, ma nero.

Lentamente, ma con forza, le leggi di natura si ribellarono all’ ingegneria economica e sociale: come dice Orazio, «caccia pure la natura dalla porta, essa rientrerà dalla finestra». In un modo immensamente sofferto e lento, le leggi di natura continuarono a operare perfino in quelle ampie regioni del mondo – da Praga a Vladivostok, a Pechino – dove ci si era proposti di sopprimerle del tutto.

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Riconoscere che in economia esistano vere e proprie leggi di natura significa ritenere che non vi sia spazio per le leggi degli uomini? Ritengo vero proprio il contrario.

L’ esperienza del secolo passato conferma ciò che già in Adamo Smith è chiarissimo: la produzione e distribuzione della ricchezza devono avvenire entro una cornice di leggi umane che permettano agli istinti e agli impulsi naturali di esprimersi, ma che impediscano loro di scatenarsi in forme distruttive. Ma quella stessa esperienza contiene una seconda lezione, che oggi prende un significato più pieno che in passato: la legge umana è divenuta tanto forte da dover essa stessa proteggere le leggi che operano spontaneamente nella vita economica. È impossibile che essa sia benefica se è scritta nell’ ignoranza della legge di natura. Riconoscere che nell’ economia vi è un physis non significa dunque togliere valore e necessità al nomos. Significa approfondirne il significato e addirittura estenderne la portata.

A ben riflettere, è emersa anche nel campo dell’ economia una sfida che caratterizza il tempo in cui viviamo. La potenza materiale dell’ uomo ha raggiunto livelli tali che la natura stessa oggi è sotto il suo dominio, è una sua vittima potenziale; sicché egli, pur continuando a doversene proteggere, deve anche proteggerla. Occorre proteggere l’ ambiente fisico e biologico imponendo, attraverso la legge umana, forme di protezione della natura. Occorrono una politica e una legislazione economica che proteggano, non solo guidino e talora correggano, le leggi di natura che operano in campo sociale. È necessario, come suggerisce Jonas, rinaturalizzare le norme, divenire consapevoli della vulnerabilità della natura. Qualcosa di simile a ciò che avviene nel campo fisico e biologico accade anche in campo sociale. Occorre che il nomos si faccia carico della physis perché la physis stessa è in pericolo.

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Data
13 marzo 2004
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera