Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 14 dicembre 2001

Il fioretto e il martello

Il ruolo dell’Italia nel futuro dell’Europa


Oggi a Laeken, in Belgio, per la quarta volta in un decennio, l’ Europa tenta il passaggio dall’ unione economica all’ unione politica. Lo tenta anche per affrontare le prove decisive dell’ allargamento e del terrorismo internazionale. I tentativi precedenti si conclusero con risultati modesti. A Maastricht (1992) ci si fermò alla moneta; ad Amsterdam (1996) e Nizza (2000) i passi furono pochi e corti.

Con questo Consiglio europeo inizia anche, di fatto, l’ azione europea del nuovo Presidente del Consiglio italiano. Il Consiglio europeo è un particolarissimo consesso: club di colleghi e tavolo di negoziati, ultima istanza degli affari correnti e luogo di progettazione dell’ avvenire. Là furono decisi il mercato unico e l’ euro, là maturarono l’ ascesa di Helmut Kohl e la caduta di Margaret Thatcher.

Figure politiche di primo piano hanno affermato, in questi giorni, che l’ Italia conta poco in Europa. Ma l’ idea di un’ Italia prona al volere altrui, entusiasta nel progettare l’ Europa e inadempiente nell’ attuarla, è uno stereotipo che non corrisponde alla realtà; come il «dolce far niente» e il mandolino.

Nella realtà la politica europea dell’ Italia ha avuto, in cinquant’ anni, un peso significativo e più volte determinante. Senza l’ Italia il popolo europeo non sarebbe rappresentato in un proprio Parlamento. Né sarebbe stata convocata la conferenza da cui venne il mercato unico. Non si sarebbe compiuto, proprio a Roma, il passo decisivo verso la moneta unica. Infine, sarebbe mancata, nel quotidiano operare delle istituzioni comunitarie, la voce coerente che teneva ferma, spesso imponendola, la rotta verso l’ unione. Coerenza e fermezza di comportamento assicurarono una speciale autorevolezza italiana e, con essa, vantaggi tangibili: benessere, sicurezza, efficienza, finanziamenti.

L’ Italia ha contato in Europa non per il suo essere ma per il suo comportarsi, nell’ analisi e nell’ azione. Sapeva che, per struttura statuale e sistema politico, non sarebbe stata credibile nei toni minacciosi che de Gaulle e Margaret Thatcher ritennero di usare per ridare slancio e fiducia ai rispettivi Paesi. Non si riscrive una storia nazionale con un gesto o un discorso; e chi ha l’ agilità ma non la stazza fisica cerca di vincere il mondiale alla scherma, non al lancio del martello.

La nostra politica era fondata su un’ analisi corretta sia degli interessi di un’ Italia bisognosa di consolidare economia e sistema politico, sia della tragedia di un’ Europa distrutta dall’ illusione che gli Stati avessero sovranità illimitata.

A quell’ analisi seguiva un’ azione chiara e intelligente. L’ Italia capiva che essere uniti significa saper decidere insieme anche quando non si è tutti d’ accordo. Sapeva che la discriminante tra unione e divisione è la stessa che separa il diritto di veto dalla regola maggioritaria. Ancora un anno fa, a Nizza l’ Italia propugnava, con vasto appoggio nello schieramento politico e nell’ opinione pubblica, l’ abbandono della regola mortale dell’ unanimità ovunque il Trattato la prescrivesse. Pochi giorni fa la stessa linea europea è stata confermata da quasi tutto il Parlamento.

Questa grande politica fu impostata subito dopo la guerra da un democristiano e da un liberale, De Gasperi e Einaudi, e fu poi seguita, per lo più con accortezza e determinazione, da figure politiche di partiti e generazioni diverse. Il corpo del ministero degli Esteri ne ha diffuso la cultura in gran parte dell’ amministrazione statale.

La linea europea non fu passivamente ereditata e mantenuta per difetto d’ iniziativa o di spirito critico. Ogni nuova generazione di governanti la riscoprì attraverso quel contatto con la realtà che solo la responsabilità di governo dà pienamente. Attraverso quel contatto si riformava la consapevolezza che i nuovi passi in Europa erano il modo di mettere a frutto e rendere propri i passi precedenti. Coniugare i programmi del nuovo governo col patrimonio storico costituito da quei comportamenti è la vera sfida dell’ Italia a Laeken.

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Data
14 dicembre 2001
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera