Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 6 febbraio 2000

Controllo sociale. Non c’è e si vede

Buone regole e indefferenza dei cittadini


Per gran parte degli italiani adulti il decennio che si e’ ora chiuso e’ stato segnato da un’ esperienza nuova: comportamenti pubblici e privati che da molti anni pervadevano la vita nazionale, che i piu’ erano abituati a considerare normali, ora praticandoli ora subendoli e deplorandoli, hanno improvvisamente rivelato il loro carattere patologico e sono passati dall’ universale accettazione all’ universale condanna. Persone, istituzioni dell’ economia e della vita civile, partiti politici sono stati travolti e sono scomparsi dalla scena. Solo chi e’ ormai anziano aveva gia’ vissuto una simile cesura, nel passaggio dalla dittatura alla guerra, dall’ occupazione alla Repubblica.

Nella lunga tempesta e’ iniziato il rinnovamento, anch’ esso lungo e difficile. Indispensabile al rinnovamento e’ la rimessa in funzione di efficaci e corretti meccanismi di controllo sociale.

Quei comportamenti violavano norme di correttezza, principi etici, disposizioni di legge e avevano il tratto comune di far prevalere l’ interesse particolare sul dovere civico. Il “particolare” poteva essere la persona, il partito, l’ azienda, secondo i casi. La corruzione di politici, imprenditori, magistrati, giornalisti e’ stata la manifestazione piu’ clamorosa.

Molti comuni cittadini si sono domandati come quei comportamenti avessero potuto diffondersi fino a intossicare cosi’ ampi spazi della vita nazionale.

Hanno cercato di darne una spiegazione a se stessi o di trovare risposte a chi, in Italia o all’ estero, poneva domande. Hanno ritenuto troppo semplice e liberatorio concentrare tutta la spiegazione, tutto il male, in questo o quel partito, gruppo, personaggio, istituto. Hanno individuato cause puntuali, quali l’ assenza di ricambio politico, il sistema elettorale, l’ emergere di individui spregiudicati. Hanno identificato cause storiche, quali il plurisecolare distacco tra popolo e governanti stranieri. Ma credo che ogni spiegazione sia incompleta se non comprende un male che chiamerei cosi’ : difetto di controllo sociale.

Controllo sociale e’ il processo attraverso il quale, nel tessuto stesso della societa’ , operano forze che reagiscono al comportamento scorretto di qualche suo elemento, obbligandolo a correggersi. Soprattutto nei regimi di liberta’ e democrazia (in quelli totalitari spesso diviene strumento dell’ oppressione) esso compie una sorta di manutenzione ordinaria delle buone regole, come la quotidiana pulizia della casa. Si esercita nelle cose grandi e in quelle piccole, negli ambienti ristretti del condominio o in quelli ampi della comunita’ internazionale. Tra gli strumenti di cui si serve vi sono la riprovazione dei piu’ , il rifiuto di accogliere e cooptare, il giudizio di persone autorevoli e rispettate; fa leva su valori accettati e sul timore di “cio’ che dira’ la gente”, sul desiderio di essere approvati e accettati.

Il passante puo’ richiamare chi ha gettato una carta per terra. L’ adulto puo’ rimproverare il ragazzo che compie un gesto volgare o molesta una fanciulla. Gli operatori dell’ economia possono, passandosi la voce, isolare e allontanare chi ha frodato o mancato di parola una volta: “Con quel signore e’ meglio non fare affari”. I tifosi allo stadio possono isolare gli ultra’ . Il mondo scientifico puo’ rifiutare la chiamata in cattedra di chi trascura l’ insegnamento o ha pubblicato come propri lavori copiati da altri. Il mondo forense o quello ospedaliero possono stroncare sul nascere comportamenti poco corretti di giovani avvocati, giudici, medici, infermieri. La comunita’ internazionale puo’ avvertire e mettere sotto sorveglianza un Paese il cui governo rischia di violare principi di democrazia e rispetto dei diritti umani. Possono: e se omettono sempre di farlo, il tessuto sociale si deteriora e infine si strappa.

Chi esercita il controllo sociale si sente interprete e custode di un bene comune: la pulizia della strada, l’ assenza di rumori molesti, la fiducia del pubblico, il buon nome di un’ istituzione, il rispetto della persona umana. Fa riferimento alla coscienza civile, non al potere. Si avvale di comportamenti individuali o collettivi, organizzati od occasionali, nell’ ambiente di lavoro, nel quartiere, in un ordine professionale, in un’ associazione di categoria. Svolge una funzione che, se affidata alla legge e al magistrato, diverrebbe facilmente disfunzione; basti pensare a quanto sarebbe insidioso perseguire la necessaria correttezza dell’ informazione con una legge anziche’ con un codice di autodisciplina.

Ebbene, negli anni che condussero alla crisi dell’ ultimo decennio il processo del controllo sociale, gia’ tradizionalmente debole in Italia nel campo delle funzioni e dei doveri pubblici, si era allentato ancor piu’ . Perche’ ? Forse a causa del prevalere di atteggiamenti mentali volti a vederne solo l’ elemento repressivo, della rapida crescita del benessere, di un uso eccessivo della liberta’ riconquistata, dello sradicamento sociale prodotto da ampie migrazioni interne. Cosi’ imprese, partiti, ordini professionali, associazioni di categoria, ambienti economici e amministrativi hanno vieppiu’ trascurato la manutenzione ordinaria della propria etica e deontologia, ampliando il campo dell’ intervento giudiziario. E quando la magistratura si e’ mossa, spesso non hanno neppure avviato una manutenzione straordinaria, come avrebbero potuto fare disponendo essi stessi approfondimenti, inchieste, ricambi di persone, pubbliche ammissioni.

I meccanismi del controllo sociale sono potenti e delicatissimi; sono, addirittura, potenzialmente pericolosi. Ma sono anche indispensabili al buon funzionamento della societa’ .

Sono potenti perche’ la pressione dei piu’ ha una forza ben superiore a quella del poliziotto e del magistrato. Hanno una finezza e un’ elasticita’ precluse a qualunque ordinaria magistratura. Possono fondarsi sull’ intuito, sull’ autorevolezza, sulla certezza morale. Inoltre sono rapidi, liberi dall’ onere della prova, difficilmente reversibili, per lo piu’ senza appello.

Sono anche delicatissimi e potenzialmente pericolosi. Sono, infatti, arbitrari, fondati sul conformismo e sull’ ingerenza, privi di procedure formali, non chiamati a rispondere del proprio operato, non soggetti al vincolo del garantismo. Sono esposti al rischio che il collettivo schiacci l’ individuo, che il rimprovero divenga zelo persecutorio e delazione. Quando sbagliano, premiano il male anziche’ punirlo, trasformano il costume in malcostume e propagano i comportamenti patologici fino al disastro. Se degenerano e’ difficilissimo correggerli o ricostruirli.

Tuttavia, meccanismi efficaci di controllo sociale sono indispensabili al mantenimento dell’ ordine etico e civile. Solo essi, infatti, possono formare una rete protettiva a maglie altrettanto strette di quelle dell’ organismo sociale medesimo, assicurando, nel grande e nel piccolo, la salute pubblica nella vita politica, economica, culturale. Solo essi possono cogliere e correggere le patologie al loro nascere, impedendone la diffusione. Sono un necessario temperamento della liberta’ e della democrazia. Quando il loro filtro purificatore funziona a dovere, essi aiutano l’ ordine giudiziario perche’ gli lasciano solo un compito non impossibile, il trattamento di pochi residui tossici chiaramente definiti dalla legge. Se il loro filtro funziona male o scompare, restano solo rimedi estremi e tardivi come una guerra persa o un ciclone giudiziario che rischia di travolgere la stessa magistratura.

Queste considerazioni possono apparire inquietanti perche’ fanno scorgere un campo di responsabilita’ tanto diffuso da comprendere perfino il cittadino onesto. Ma sono anche rassicuranti perche’ danno a ciascuno la certezza di poter essere, nel suo piccolo raggio d’ azione, parte attiva del rinnovamento che l’ Italia va ancora cercando.

Vedi l’articolo in pdf

Stampa Stampa
Data
6 febbraio 2000
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera