Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 5 marzo 2000

Caduta massi togliere quel cartello

Come crescere di più


Cronache di questi giorni tracciano il quadro della poverta’ in Italia e rivelano un fenomeno, come si dice, di massa. Non e’ certo la mortale indigenza africana, ma e’ resa angosciosa dalla contiguita’ dell’ opulenza e dello spreco in cui vive ormai la maggioranza dei cittadini. La poverta’ si accompagna sempre alla mancanza di lavoro.

Per gran parte del secolo XX la lotta sociale ha dominato le vicende pubbliche dei Paesi europei. Ma non ha, di per se’ , risolto il problema della poverta’ , ne’ quello della mancanza di lavoro. Essa si e’ fondata sul principio che il lavoro fosse sempre abbondante e ha usato strumenti che non aiutavano a crearne altro.

Lo strumento principale con cui la questione sociale e’ stata affrontata, in Italia come altrove, era la protezione sociale ottenuta attraverso una ridistribuzione del reddito e della tutela giuridica: nell’ impresa, dal padrone al salariato; nella societa’ , dal ricco al povero.

La speranza che la ridistribuzione bastasse si e’ rivelata un’ illusione. Non solo perche’ , pur generosamente ridistribuito, il reddito non bastava a far stare bene tutti; ma anche perche’ proprio la sua ridistribuzione ne frenava la crescita. Nei Paesi dell’ Europa centro – orientale, che su quella speranza hanno tentato di edificare una societa’ nuova, il tenace perseverare nell’ illusione ha causato miseria e morte. Nei Paesi dell’ Europa occidentale, che a quell’ illusione hanno fatto concessioni piu’ limitate, le conseguenze sono state meno tragiche, ma pur sempre assai gravi; in Italia, per esempio, la parificazione salariale tra Nord e Sud ha fatto drammaticamente aumentare la disoccupazione nel Mezzogiorno. Negli uni e negli altri Paesi l’ illusione e’ caduta solo sul finire del secolo.

Proprio perche’ i poveri e i disoccupati sono milioni, l’ unica chiave che apre loro la via del benessere e’ la crescita di tutta l’ economia. Solo volgendo ogni sforzo a quest’ obiettivo, governi, sindacati, organizzazioni industriali, interpreti e suggeritori delle cose economiche, sociologi e moralisti possono rendere efficace la loro compassione per chi soffre. Le leggi sull’ assistenza, le istituzioni di soccorso sociale pubbliche e private, la generosita’ dei singoli sono indispensabili per lenire la sofferenza dei poveri e per dare salute morale all’ intera societa’ ; ma sono impotenti a risolvere il problema collettivo della poverta’ e della disoccupazione.

Da almeno dieci anni l’ economia europea non era sana e forte come oggi. Gli istituti di previsione sono concordi nell’ annunciare, per quest’ anno e per il prossimo, una crescita del 3 per cento o superiore. I bilanci pubblici sono stati ampiamente risanati. I prezzi sono stabili, nonostante il petrolio. Anche l’ Italia, pur partita in ritardo, ora cresce e crea posti di lavoro. E tuttavia, per vincere la poverta’ e la disoccupazione e’ indispensabile che l’ investimento e la produzione accelerino ulteriormente il passo. Nessun fato avverso preclude all’ economia italiana, e all’ europea, di espandersi, senza inflazione, a tassi del 5 per cento o piu’ . Nessun fato avverso, ma gli ostacoli vanno tolti dalla strada. Oggi, su quella strada si transita lentamente perche’ c’ e’ un minaccioso cartello “caduta massi”.

Quali sono i massi? Il linguaggio economico li chiama “rigidita’ strutturali”. Qualche esempio. Il mercato tira, ma l’ impresa non assume e non si espande, perche’ teme di non poter ridurre la manodopera quando la domanda flettera’ . La difficolta’ di trovare un alloggio nella citta’ in cui gli viene offerta una nuova posizione induce il giovane tecnico a rinunciare ad aumentare il suo guadagno e la sua preparazione. La complessita’ e la durata delle pratiche amministrative necessarie per ristrutturare un edificio o per ottenere un’ autorizzazione, scoraggiano l’ impresa dal cogliere rapidamente un’ occasione d’ investimento. La lentezza della giustizia civile priva le parti della certezza di veder tutelate le loro buone ragioni e le obbliga a complicate e costose costruzioni giuridiche, quando non le induce addirittura a rinunciare a un affare. Eppure le case sfitte sono milioni; i magistrati sono altrettanto numerosi che in altri Paesi; le semplificazioni amministrative sono facili da inventare.

Gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Sono tutti impedimenti al miglior uso delle risorse essenziali di ogni sistema economico: il lavoro, il capitale, la terra, le case, le pubbliche amministrazioni. Hanno la loro radice comune in una cultura della protezione sociale, un desiderio di mettersi al riparo dai rischi della vita, dopo secoli di poverta’ ed incertezza. Quella cultura e’ stata formata dalle organizzazioni sindacali, che usandola ebbero il merito storico di dare al lavoratore dipendente strumenti di difesa, dignita’ , sicurezza, mezzi per curare la salute e affrontare la vecchiaia. Essa faceva appello al senso di giustizia, alla compassione, al desiderio dei deboli di riscattarsi e di lottare. Nei lunghi decenni dell’ ascesa ed affermazione della questione sociale la cultura della protezione ha permeato l’ intera societa’ e le sue leggi, guidato il comportamento istintivo d’ insegnanti e studiosi, impiegati e dirigenti pubblici, magistrati e giornalisti. Le stesse organizzazioni sindacali ne sono ora prigioniere, perche’ non riescono a conquistare la fiducia dei giovani. Da quella cultura i giovani si sentono minacciati, perche’ non e’ loro che protegge e perche’ intuiscono il rischio come opportunita’ .

Quando la disoccupazione aumenta e l’ economia non cresce rimuovere le rigidita’ strutturali e’ molto difficile, perche’ allora i meccanismi della protezione sociale appaiono piu’ necessari e il loro allentamento piu’ iniquo. E’ invece possibile e necessario farlo quando, come avviene ora, la strada e’ stata imboccata e le risorse per accelerare non mancano. Solo liberando la strada della crescita i poveri e i disoccupati saranno finalmente attratti nel circuito del lavoro e del benessere.

Chi viaggia negli Stati Uniti oggi e’ colpito dall’ evidente impreparazione professionale di molte delle persone che incontra nel settore dei servizi: commessi di libreria che a malapena sanno compilare uno scontrino, segretarie che non conoscono la tecnica elementare di passare le telefonate, guidatori di taxi che ignorano le vie principali della citta’ . Sono persone, spesso non giovani, che lavorano per la prima volta. La formidabile espansione dell’ economia e la penuria di manodopera che ne e’ conseguita hanno tirato fuori la gente di colore dai ghetti, addirittura messo al lavoro chi era in liberta’ provvisoria dal carcere. A questi “poveri” la crescita economica ha dato non solo una paga, ma anche dignita’ , addestramento, radicamento sociale nuovo; beni che in gran parte non andranno perduti quando, com’ e’ inevitabile, l’ economia rallentera’ e alcuni di loro perderanno il posto.

Un anno fa si temeva che il reddito in Europa diminuisse, creando nuovi disoccupati tra i padri di famiglia e togliendo a molti giovani la speranza di trovare lavoro. Oggi vi e’ un’ occasione preziosa da non perdere.

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Data
5 marzo 2000
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera