Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 21 ottobre 1997

Appunti per la Bicamerale

Dopo lo scampato pericolo di una crisi rovinosa, e’ di vitale importanza che il tentativo di riformare la nostra Costituzione (il terzo in neppure vent’anni) riesca al meglio. E’ importante per l’economia non meno che per gli altri aspetti della vita italiana. Il governo nazionale dell’economia non ha affatto perso la sua funzione nel mercato globale: l’ha invece rafforzata, giacche’ in esso deve anch’egli competere. Le sorti del tentativo si decidono ora. L’esperienza storica e il pensiero scientifico hanno mostrato che anche l’economia di mercato ha bisogno di governo. L’idea non e’ nata con i filosofi illuministi che, da Locke a Montesquieu, hanno fondato il costituzionalismo europeo; e’ nata piu’ tardi e si e’ pienamente affermata solo in questo secolo: nei fatti, con la prima guerra mondiale; nel pensiero, con Keynes. Il mercato da solo non basta. La libera interazione degli interessi individuali, che compie il miracolo di produrre benessere collettivo, non giunge sino a creare le condizioni perche’ quel miracolo si compia ne’ a soddisfare tutti i bisogni. Onde l’intervento dei pubblici poteri, che e’ compito di ogni Costituzione disciplinare: la nostra carta del 1948 lo fa in quella Parte seconda che la Bicamerale puo’ ora emendare. Cinquant’anni di interventismo pubblico hanno mostrato che il governo dell’economia puo’ mal funzionare quanto e piu’ del mercato. Percio’ oggi nessuno negherebbe che la Costituzione debba disegnare regole e istituzioni capaci non solo di rimediare alle carenze dei mercati, ma altresi’ di evitare troppi errori ai governi. Buon governo dell’economia e’ quello che soddisfa, oltre all’elettorato politico, anche quel particolare elettore che e’ il mercato. I due elettorati sono profondamente diversi per i loro tempi di reazione, per gli ambiti geografici sui quali si estendono, per le esigenze che esprimono. Una Costituzione economica e’ tanto migliore quanto piu’ accresce la probabilita’ che il governo dell’economia sia buono in questo duplice senso. La volonta’ degli elettori va certo rispettata; ma il governo deve anche sapere (e spesso ricordare ai suoi stessi elettori) che, come scrive Manzoni, “tutti i provvedimenti di questo mondo, per quanto siano gagliardi, non hanno virtu’ di diminuire il bisogno di cibo, ne’ di far venire derrate fuor di stagione”. Se leggiamo la nostra Costituzione del 1948, troviamo nella sua parte dedicata ai diritti e doveri dei cittadini una concezione dell’economia molto consapevole delle carenze del mercato, poco attenta agli errori del governo: essa sarebbe da riscrivere, proprio in quella Parte prima che la Bicamerale non ha facolta’ di emendare. Oggi, pero’, la Costituzione economica dell’Italia comprende anche i trattati e le direttive europei che abbiamo contribuito a scrivere, democraticamente approvato e che vincolano il Parlamento e l’esecutivo allo stesso modo della Costituzione del 1948. E se allora guardiamo a tutta la Costituzione, combinazione della componente italiana e della componente europea, leggiamo un testo ben equilibrato tra leggi del mercato e istanze della democrazia. Un esempio: la regola comunitaria che “la politica economica deve essere condotta conformemente al principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza” costituisce un vero e proprio criterio interpretativo che permette di risolvere non poche ambiguita’ della Costituzione del 1948; sara’ utile anche per la futura legge sulle 35 ore. La componente europea della Costituzione economica italiana e’ stata, soprattutto negli ultimi dieci anni, la forza motrice di cambiamenti che non e’ esagerato definire straordinari: la liberalizzazione valutaria e finanziaria, la disciplina degli aiuti di Stato, le privatizzazioni, l’apertura alla concorrenza nei servizi di pubblica utilita’, la creazione dell’Antitrust, il risanamento del bilancio. Perche’ allora la Bicamerale e’ importante per il buon governo dell’economia? Per un motivo semplice: con mercati che sono divenuti piu’ grandi degli Stati, governare i Paesi dall’interno e’ divenuto ancor piu’ necessario. In un mondo siffatto gli errori si pagano piu’ cari e piu’ in fretta. E i sistemi di cooperazione internazionale, compresa l’Unione Europea, sono tutti costruiti in modo da assegnare una funzione chiave ai governi e alle amministrazioni degli Stati. Di qui l’importanza e l’attualita’ del tema “Economia e Costituzione” che si pone alla Bicamerale. Per il governo dell’economia quattro sono, a mio giudizio, i grandi temi: il bilancio, il federalismo, la semplificazione delle leggi e le cosiddette Authorities. Qualche appunto su ciascuno di essi aiutera’ il lettore a capire le poste in gioco. Il Bilancio (Articolo 112 del Progetto della Bicamerale). Il ventennale dissesto dei nostri conti pubblici lo ha fatto ritenere per lungo tempo il fronte piu’ bisognoso di intervento. Forse oggi non e’ piu’ cosi’. Forse il problema istituzionale del bilancio si sta risolvendo da solo, sotto il triplice impulso delle riforme introdotte nelle procedure parlamentari, dei criteri di Maastricht, della pressione dei mercati finanziari. Un ritorno alla dissennatezza finanziaria e a procedure di bilancio perverse sembra improbabile. D’altra parte, la prolungata violazione del divieto, pur voluto e scritto da Luigi Einaudi, di approvare spese prive di copertura mostra che anche la migliore norma costituzionale e’, se si vuole, aggirabile. Sono piu’ urgenti e attuali gli altri tre temi. Federalismo (Artt. 55 e 56). Un ordinamento federale e’ auspicabile anche per profonde ragioni economiche, ma i rischi ci sono. La prima e principale ragione e’ che non tutti i beni pubblici sono “pubblici” per lo stesso ambito territoriale: si va dal parco comunale al disinquinamento del Reno, al buco dell’ozono. E’ opportuno e giusto che i beni pubblici siano decisi, prodotti, finanziati ciascuno entro un perimetro politico ne’ piu’ largo ne’ piu’ stretto dello spazio umano per cui quel bene e’ pubblico: questo e’ la razionalita’ economica del principio di autogoverno. Ma qual e’ il rischio? Il rischio e’ che, portato piu’ vicino ai cittadini, il governo economico ascolti l’elettorato politico sino a ignorare la logica del mercato. E’ difficile che un mercato si esaurisca in un ambito cosi’ locale com’e’ il territorio del Comune, della Provincia, o della Regione; spesso il potere centrale, pur tanto criticato, e’ il solo a poter contrastare la spinta di interessi particolari, nocivi all’economia. Semplificazione delle leggi (Articolo 107). A mio parere questo era ed e’ il nodo fondamentale della Bicamerale, non solo per l’economia: e’ il problema dei problemi. Cio’ di cui la vita economica e civile ha vitale bisogno e’ un corpo snello di leggi semplici, leggibili, adatte a essere rispettate e fatte rispettare, che lascino pochi spazi all’interpretazione, al contenzioso, all’abuso, alla corruzione. La semplificazione delle leggi vale piu’ di ogni sussidio o sgravio fiscale: essa si’ e’ una “derrata fuori di stagione”. Sono noti i calcoli secondo cui il numero delle nostre leggi e’ dieci o venti volte quello della Francia o della Germania. La grande opera di semplificazione e di riscrittura delle leggi, di cui l’Italia ha urgentissimo bisogno, richiedera’ anni e non potra’ mai essere compiuta in Parlamento. Quest’opera e’ stata forse il principale apporto che la Costituzione della Quinta Repubblica ha dato alla rinascita della Francia. Anche nella versione emendata pochi giorni prima della crisi, il testo della Bicamerale da’ al governo poteri insufficienti. Le Autorita’ indipendenti (Articolo 82). Il termine e’ di gran moda. E ci sono almeno due buone ragioni per promuovere la forma istituzionale dell’Authority: la prima e’ che solo autorita’ tecniche sono adatte a compiti di governo dell’economia con forti contenuti tecnici; la seconda e’ che certe decisioni necessariamente impopolari del governo dell’economia (la disciplina monetaria prima fra tutte) devono poter essere esercitate senza l’assillo del consenso elettorale diretto. Vi sono pero’ anche cattive ragioni che oggi spingono alla creazione di sempre nuove Autorita’ creando il rischio di una vera proliferazione: la sfiducia nella possibilita’ di migliorare la macchina dello Stato, la timidezza con cui i governi hanno esercitato i loro veri poteri, la poverta’ tecnica di ampi settori dell’Amministrazione pubblica. Perche’ lo strumento delle Autorita’ sia disciplinato in maniera corretta occorre, a mio parere, definirne tre elementi: la giustificazione; l’indipendenza; la responsabilita’. Di essi, il testo della Bicamerale esalta il secondo, non definisce sufficientemente il primo e il terzo. Il pericolo e’ che si vada verso una moltiplicazione di istituzioni indipendenti, incontrollate, disancorate da una precisa missione, responsabili verso nessuno. Dal moltiplicarsi delle Authorities il problema della riforma del sistema amministrativo italiano e del funzionamento dei ministeri verrebbe eluso e aggravato anziche’ risolto. In conclusione: il futuro dell’economia italiana dipende anche dall’attenzione che la Bicamerale e poi il Parlamento dedicheranno ai temi della Costituzione economica qui illustrati. Un nato nel 1940, come chi scrive, vive oggi un rarissimo, forse irripetibile momento in cui sembra che l’Italia possa operare sulle sue strutture giuridiche, economiche, civili, sociali con un orizzonte temporale lungo. Fu cosi’ all’inizio degli anni ‘60, ma l’occasione fu usata male. Fu cosi’ nel 1946 – ‘48, e sono ricordi d’infanzia. Oggi, per l’azione di governo (voglio dire qui l’azione di tutta la classe dirigente del Paese, pubblica e privata, di maggioranza e di opposizione, imprenditoriale e sindacale) sembra esservi uno spazio di tempo. Ebbene: questo raro spazio deve rafforzare, non attenuare il senso dell’urgenza.

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Data
21 ottobre 1997
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera