Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 31 luglio 2003

Agamennone e quei litigi tra alleati

I giorni delle rogatorie

Due, non uno, sono gli ordini di considerazioni necessari per un giudizio sulla vicenda delle rogatorie bloccate e poi sbloccate dal ministro della Giustizia. Uno riguarda il merito; su di esso si è espresso con severa chiarezza Galli della Loggia all’ inizio del caso (Corriere, 26 luglio).

L’ altro riguarda il corretto funzionamento di un sistema politico. Anch’ esso va affrontato, prima che qualche nuova vicenda estiva invada le pagine dei giornali e seppellisca l’ episodio nel cimitero della corta memoria. E qui dobbiamo guardare non a come il caso è sorto o si è chiuso, ma a come si è svolto.

Lo svolgimento è stato un forte contrasto tra parti della coalizione di quattro forze politiche che governa con una maggioranza enorme: per la prima volta in cinquanta anni, il governo italiano non ha da temere imboscate parlamentari e può attuare la politica che vuole, non solo con atti propriamente esecutivi, ma facendo nuove leggi ove occorra.

Si potrebbe pensare che in una situazione siffatta il governo sia una cosa fortissima e tutta di un pezzo. Si potrebbe pensare, ancora, che contrasti nella coalizione siano patologie del sistema politico, addirittura preludi di crisi.

Né l’ uno né l’ altro di questi pensieri, a mio giudizio, è corretto.

Ho detto sopra «la politica che vuole»: già, ma che cosa volere? Il programma serve fino a un certo punto, perché ogni programma di governo è vago in partenza, imbellito dalle promesse elettorali, subito invecchiato da eventi e circostanze sempre nuovi. Neppure lo schieramento serve un gran che: a destra come a sinistra troviamo anti e pro europei, accentratori e devolutori, liberisti e dirigisti. Governare è, secondo i casi, arte della scelta o della sintesi; e la sintesi, appunto, si fa tra tesi e antitesi.

Una maggioranza di governo – quali che ne siano programma e schieramento – non è mai monolitica; se lo fosse precipiterebbe presto nella voragine dei suoi errori, perché solo all’ opposizione spetterebbe il controllo; e l’ opposizione non ha interesse al successo della maggioranza, auspica invero che essa sbagli e cada.

I contrasti interni non sono sempre patologia, né sono «sfoghi dei ragazzi». Possono, certo, paralizzare o distruggere una maggioranza, rivelando che né la ricerca né la condivisione del potere bastano mai a unire i diversi. Ma sono anche un indispensabile controllo, funzioni vitali di un organismo politico sano, così come la produzione di anticorpi è essenziale per la salute di un corpo.

Al capo di un governo, come di un’ impresa, può riuscire faticoso determinarsi tra contrastanti opinioni dei suoi ministri (si pensi a Bush tra Rumsfeld e Powell) o evitare che il contrasto divenga distruttivo. Ma ancora più misera è la condizione di chi regni, solo e smarrito, sull’ assenza di discussione interna.

Qui è accaduto che su una questione non da poco, anzi su un coacervo di importanti questioni (la portata della temporanea immunità del presidente del Consiglio, i poteri del ministro della Giustizia, il rapporto tra esecutivo e giudiziario, quello tra esecutivo e legislativo, la latitudine nell’ interpretare le leggi, e se l’ interpretazione sia funzione del legislatore) il fermento interno alla maggioranza ha mostrato la sua insostituibile funzione. Col risultato, questa volta, di correggere un grave errore iniziale. La maggioranza stessa deve rallegrarsene per prima.

Molti italiani coltivano una stabile preferenza politica per l’ una o l’ altra delle due coalizioni; altri decidono di volta in volta. Tutti, però, dovrebbero avere ancor più a cuore che il sistema politico nel suo insieme funzioni al meglio.

L’ oracolo di Delfi aveva vaticinato che Troia sarebbe caduta quando i migliori tra i guerrieri achei avessero litigato. Così, quando scoppiò una violenta disputa tra Achille e Ulisse (se la conquista sarebbe venuta dal valore guerriero o dall’ astuzia) Agamennone, capo supremo della coalizione, vide un buon segno. E seppe compiere la giusta scelta strategica.

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Data
31 luglio 2003
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera