Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 6 febbraio 2004

Un piccolo passo salverà l’Europa

Nuova Costituzione, il rischio dell’oblio


Chiuso il vertice di Bruxelles del 13 dicembre, sulla Costituzione europea è calato il silenzio dei mezzi d’ informazione (una bella eccezione, gli articoli di Franco Venturini su questo giornale). Se sia silenzio di tomba o riservatezza operosa è difficile dire. Sarebbe silenzio di tomba se il progetto di Costituzione scivolasse lentamente dai tavoli politici agli scaffali delle biblioteche, affiancandosi a innumerevoli progetti irrealizzati su cui gli studenti scrivono tesi di laurea. Può darsi che ciò accada. E accadrà senz’ altro se opinione pubblica, classi dirigenti, ceto politico, governi, persino membri della Convenzione e del Parlamento europeo lasceranno – chi per pigrizia chi per calcolo politico – che intervenga un tempo morto e che nulla si faccia prima dell’ elezione europea di giugno. Ho esperienza diretta di come, quattordici anni fa, il progetto di unione monetaria abbia evitato di un soffio – in larga parte per merito dell’ Italia – un identico pericolo.

Sarebbe invece riservatezza operosa se, nel silenzio che protegge ogni importante iniziativa politica, si stesse preparando per l’ inizio di primavera il piccolo passo che si mancò in dicembre. Quel piccolo passo concluderebbe un lungo viaggio che vale ripercorrere.

All’ idea d’ incaricare una speciale assemblea, rappresentativa dei Parlamenti di venticinque Paesi, dei loro governi, della Commissione e del Parlamento europei, erano giunti proprio i governi nazionali. A Maastricht (1992), Amsterdam (1996) e Nizza (2000) essi si erano per tre volte alzati da tavola con una fame insoddisfatta d’ Europa. Incapaci di cucinare un pasto nutriente, avevano allora assunto, siamo nel dicembre 2001, una batteria di cuochi scelti (la Convenzione) perché preparassero loro un lauto pasto (una Costituzione), che avrebbero essi stessi poi consumato, eventualmente con qualche variante.

In diciotto mesi i capocuochi della Convenzione avevano cucinato un menu elaborato; siamo nel luglio 2003. Alcuni (tra cui chi scrive) l’ avevano giudicato insufficiente a irrobustire l’ Europa quanto l’ ora storica richiede; troppo nouvelle cuisine, molta estetica e poche calorie. Ma il pasto c’ era; e i capocuochi avevano costantemente verificato i gusti dei governi – loro committenti e futuri commensali – trascurando, casomai, l’ assemblea dei cuochi semplici.

Usciti i cuochi, entrarono i maestri di sala, diplomatici e ministri degli Esteri; siamo alla conferenza intergovernativa del settembre 2003. Al menu da servire in tavola essi non aggiunsero nulla. Tolsero – non si sa ancora da chi sollecitati – alcune cose essenziali, infiacchendo ulteriormente la dieta. Portarono il tutto in tavola chiedendo ai governi di consumare, dopo aver deciso su un solo punto: la ponderazione del voto nel Consiglio dell’ Unione.

Tutto era pronto, siamo al vertice dei Capi di Stato e di governo del dicembre 2003. Entrano i commensali. L’ intero menu era gradito a tutti, salvo quel singolo piatto, indigesto a due soli di loro. Mica male per una fame accumulata dal 1992. Occorreva dunque decidere su quell’ unico punto e mettersi a tavola. Invece i commensali non decidono; neppure si seggono insieme; ripartono digiuni.

Nel suo grave smarrimento, può darsi che oggi l’ Europa si spinga fino all’ arresto e alla paralisi del cantiere cui ha lavorato per cinquant’ anni. Può darsi che scelga l’ inedia e il declino. Può darsi che la sua disposizione a illudersi e a farsi male superi ogni precedente storico. Può darsi che la lezione di due guerre e del rimedio poi inventato (da Monnet, Spinelli, Schuman, De Gasperi, Adenauer) si riveli dimenticata in due generazioni. Può darsi, ma il passo che basta per evitarlo è davvero piccolo.

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Data
6 febbraio 2004
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera