
Un continente senza più freni
L’Europa cancella le regole superflue.
La cronaca riferisce che Barroso, presidente della Commissione europea, proporrà presto di ritirare sessanta proposte di direttive e di semplificarne o revocarne molte già in vigore, giudicate superflue.
L’ eccesso di norme non è caratteristico della sola Unione europea; è insito forse nella stessa natura umana, certo in ogni convivenza organizzata, soprattutto se democratica (il tiranno non ha bisogno di leggi). Esasperato dalla diffidenza e dalla tentazione di abusare del potere, l’ eccesso di norme lo troviamo già nel regolamento di condominio e su su fino alle Nazioni Unite.
L’ iniziativa di Barroso dovrebbe essere salutata da un applauso. Se riuscirà farà bene alla libertà e darà slancio all’ economia.
Intanto, già oggi, essa ha il merito di confutare pregiudizi antieuropei, affermazioni care a chi critica l’ Unione senza conoscerla davvero. Ripetere ossessivamente un messaggio – specie una critica ingiusta – tiene luogo di dimostrazione; bene lo illustra l’ aria della calunnia nel “Barbiere di Siviglia” e bene lo sa ogni propagandista. Qui i pregiudizi ripetuti come ritornelli sono due.
Primo ritornello: l’ eccesso di leggi è male congenito dell’ Europa. Congenito, perché il difetto sarebbe nella sua stessa costituzione, che sono i Trattati. Non è vero: il difetto non sta nel manico, ma in chi lo maneggia. È un difetto della politica, non della costituzione europea. Una costituzione non è mai tale da impedire ogni cattiva politica; essa non sopprime, ma anzi crea, lo spazio della politica, la buona ma anche la cattiva. Non è un pilota automatico. Se l’ Europa fa più leggi del necessario è perché così essa ha voluto, anno dopo anno. Non occorre riscrivere i Trattati per correggere la rotta, e proprio l’ iniziativa di Barroso ne è una riprova.
Secondo ritornello: la Commissione di Bruxelles è il vero agente di quel male, è essa il perfido iper-legificatore, il burocrate. Non è vero: sono i governi ad aver fatto il manico e sono soprattutto loro a maneggiarlo. La maggior parte delle leggi europee inutili nasce da due impulsi: primo, il rifiuto dei governi di dare poteri discrezionali di applicazione e controllo a un’ autorità comune; secondo, l’ abitudine di ministri di secondo rango di coalizzarsi a Bruxelles per promulgare leggi e regolamenti che non riescono a far passare nei rispettivi Paesi. Chi approva le troppe leggi (e per lo più le chiede) sono i governi nazionali riuniti nel Consiglio, non la Commissione, che materialmente le scrive.
Ben venga, dunque, un’ iniziativa che smentisce calunnie e ritornelli. Non è detto, però, che essa vada in porto; probabilmente sarà ostacolata proprio da quei governi che criticano Bruxelles e le sue troppe leggi, oltre che da qualche resistenza nella Commissione stessa.
Affinché si proceda in modo efficace e corretto occorre accortezza.
Si buttino le leggi inutili, ma si tenga l’ unità dello spazio economico. Le leggi ridondanti sono emanate col pretesto del mercato unico e il pretesto va smascherato, ma l’ unità dello spazio economico va mantenuta. Delegificare non significa sostituire alla norma europea venticinque prontuari nazionali, l’ un contro l’ altro armati; deve significare una norma sola spogliata degli inutili barocchismi e un forte potere europeo capace di reprimere ogni tentativo di invocare le norme nazionali per frazionare lo spazio comune in sottospazi protetti. Conclusione: per avere meno leggi, ci vuole più Europa, non meno.