Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 27 settembre 2005

Un continente senza più freni

L’Europa cancella le regole superflue.


La cronaca riferisce che Barroso, presidente della Commissione europea, proporrà presto di ritirare sessanta proposte di direttive e di semplificarne o revocarne molte già in vigore, giudicate superflue.

L’ eccesso di norme non è caratteristico della sola Unione europea; è insito forse nella stessa natura umana, certo in ogni convivenza organizzata, soprattutto se democratica (il tiranno non ha bisogno di leggi). Esasperato dalla diffidenza e dalla tentazione di abusare del potere, l’ eccesso di norme lo troviamo già nel regolamento di condominio e su su fino alle Nazioni Unite.

L’ iniziativa di Barroso dovrebbe essere salutata da un applauso. Se riuscirà farà bene alla libertà e darà slancio all’ economia.

Intanto, già oggi, essa ha il merito di confutare pregiudizi antieuropei, affermazioni care a chi critica l’ Unione senza conoscerla davvero. Ripetere ossessivamente un messaggio – specie una critica ingiusta – tiene luogo di dimostrazione; bene lo illustra l’ aria della calunnia nel “Barbiere di Siviglia” e bene lo sa ogni propagandista. Qui i pregiudizi ripetuti come ritornelli sono due.

Primo ritornello: l’ eccesso di leggi è male congenito dell’ Europa. Congenito, perché il difetto sarebbe nella sua stessa costituzione, che sono i Trattati. Non è vero: il difetto non sta nel manico, ma in chi lo maneggia. È un difetto della politica, non della costituzione europea. Una costituzione non è mai tale da impedire ogni cattiva politica; essa non sopprime, ma anzi crea, lo spazio della politica, la buona ma anche la cattiva. Non è un pilota automatico. Se l’ Europa fa più leggi del necessario è perché così essa ha voluto, anno dopo anno. Non occorre riscrivere i Trattati per correggere la rotta, e proprio l’ iniziativa di Barroso ne è una riprova.

Secondo ritornello: la Commissione di Bruxelles è il vero agente di quel male, è essa il perfido iper-legificatore, il burocrate. Non è vero: sono i governi ad aver fatto il manico e sono soprattutto loro a maneggiarlo. La maggior parte delle leggi europee inutili nasce da due impulsi: primo, il rifiuto dei governi di dare poteri discrezionali di applicazione e controllo a un’ autorità comune; secondo, l’ abitudine di ministri di secondo rango di coalizzarsi a Bruxelles per promulgare leggi e regolamenti che non riescono a far passare nei rispettivi Paesi. Chi approva le troppe leggi (e per lo più le chiede) sono i governi nazionali riuniti nel Consiglio, non la Commissione, che materialmente le scrive.

Ben venga, dunque, un’ iniziativa che smentisce calunnie e ritornelli. Non è detto, però, che essa vada in porto; probabilmente sarà ostacolata proprio da quei governi che criticano Bruxelles e le sue troppe leggi, oltre che da qualche resistenza nella Commissione stessa.

Affinché si proceda in modo efficace e corretto occorre accortezza.

Si buttino le leggi inutili, ma si tenga l’ unità dello spazio economico. Le leggi ridondanti sono emanate col pretesto del mercato unico e il pretesto va smascherato, ma l’ unità dello spazio economico va mantenuta. Delegificare non significa sostituire alla norma europea venticinque prontuari nazionali, l’ un contro l’ altro armati; deve significare una norma sola spogliata degli inutili barocchismi e un forte potere europeo capace di reprimere ogni tentativo di invocare le norme nazionali per frazionare lo spazio comune in sottospazi protetti. Conclusione: per avere meno leggi, ci vuole più Europa, non meno.

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Data
27 settembre 2005
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera