Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 1 agosto 1999

L’Unione e la pace esterna

Dopo i Balcani nuovo ciclo europeo


Giorni fa, proprio a Sarajevo, il rapporto tra l’ Unione europea e il mondo che la circonda e’ forse divenuto l’ elemento dinamico e fondante dell’ unificazione europea. Anche per effetto della guerra balcanica, la definizione di una generale politica esterna dell’ Europa non e’ piu’ differibile. Dipendera’ dalla capacita’ degli uomini oggi al potere, a Bruxelles e nelle capitali nazionali, se la fase aperta dalla guerra balcanica e dalla crisi della Commissione avviera’ un ciclo positivo del processo di unificazione europea simile ad altri che si sono succeduti dal 1950.

Il ciclo precedente, avviato nel 1984 e concluso nel gennaio scorso, porto’ due risultati di enorme rilevanza: il mercato unico e la moneta unica. Se riandiamo al suo momento nascente troviamo circostanze simili a quelle di oggi. Innanzitutto un segno di vita del Parlamento europeo uscente: allora il Parlamento aveva approvato il grande disegno di riforma del trattato concepito e guidato da Altiero Spinelli; oggi, il segno e’ stato il rovesciamento della Commissione Santer, segno piu’ debole ma piu’ concreto e sufficiente a creare una crisi salutare. In secondo luogo, l’ elezione europea, e la formazione di una nuova Commissione (Delors allora, oggi Prodi), due momenti del calendario europeo che costringono le forze politiche (governi e partiti) di tutti i Paesi a occuparsi costruttivamente di Europa. In terzo luogo la prospettiva di un’ economia piu’ dinamica, dunque meno paralizzata dalla ricerca di risorse e da conflitti distributivi.

Le caratteristiche del ciclo 1984 – 1999 potrebbero non riprodursi in quello che sta iniziando. Le circostanze storiche suggeriscono invero che il progetto capace di dare nuovo impulso all’ unificazione europea potra’ , e forse dovra’ , avere contenuti propriamente politici piuttosto che economici; riguardare i rapporti esterni piuttosto che quelli interni; partire dall’ azione piuttosto che dalla legislazione.

L’ obiettivo piu’ urgente sembra essere infatti divenuto l’ edificazione della pace, della democrazia, del progresso economico e civile all’ esterno dell’ Unione.

Innazitutto, nei Balcani. E’ appena terminata la prima guerra combattuta in Europa dopo il 1945. I governi europei l’ hanno fortemente voluta, ma erano sprovvisti dei mezzi militari e tecnologici necessari per vincerla. L’ interesse era soprattutto europeo, ma la vittoria e’ stata soprattutto americana. La guerra era giusta, ma non legittima, perche’ fondata su un principio di ingerenza il cui fondamento e le cui regole sono ancora da definire. Se la guerra balcanica del ‘ 99 sara’ stata utile, e forse addirittura benefica, dipendera’ da come sara’ governata la pace; e la ricostruzione materiale, politica e civile dell’ ex Jugoslavia spetta agli europei.

Ma, oltre ai Balcani, tutta la vasta area terrestre che contorna l’ Unione, da Nord – Est a Sud – Ovest, cerca pace, democrazia, progresso economico e civile e guarda all’ Unione europea per averne guida e sostegno. Quest’ area comprende le repubbliche nate dal disfacimento dell’ Unione Sovietica, i Paesi dell’ Europa centrale e orientale, la Turchia, il Medio Oriente, i Paesi a Sud del Mediterraneo.

Corrispondere alle attese dei propri vicini e’ interesse primario dell’ Unione europea, perche’ la sua sicurezza e il suo benessere sono minacciati se essa e’ circondata da mali e rischi continui quali instabilita’ e oppressione politica, guerre nazionali, persecuzioni etniche e religiose, crescite demografiche insostenibili, crisi economiche e finanziarie. Adoperarsi per ridurre quei mali e quei rischi e’ , per i Paesi ora rappacificati nell’ Unione europea, anche un dovere storico e morale, perche’ si tratta di mali e rischi che essi stessi in passato hanno inflitto a se’ e ad altri. L’ Unione, infine, ha le risorse e le conoscenze necessarie per operare efficacemente: e’ , infatti, l’ area economica piu’ ricca del mondo dopo gli Stati Uniti e, assai piu’ di questi, conosce storia, cultura, lingue, strutture economiche e politico – amministrative dei Paesi vicini.

A differenza del mercato e della moneta unica, la sicurezza nell’ intorno dell’ Unione e’ obiettivo che non richiede preventive e importanti modifiche dei trattati e della legislazione europei. Gli strumenti legali, economici e amministrativi sono in gran parte gia’ pronti; devono essere usati in modo determinato e coerente al servizio di una politica chiaramente tracciata. Le risorse finanziarie dovranno certamente essere accresciute, ma in una misura che e’ largamente alla portata dei Paesi europei. In questo campo, la necessaria continuazione del cammino costituente europeo puo’ avvenire, almeno per un certo tratto, con l’ azione piuttosto che con la legislazione.

L’ allargamento e’ stato per molti anni lo strumento forte della politica esterna dell’ Unione europea. Per Paesi come la Grecia, la Spagna e il Portogallo, l’ ingresso nella Comunita’ ha avuto, fin dai lunghi anni della preparazione, una benefica e determinante influenza nel consolidare la ritrovata democrazia e nel promuovere lo sviluppo economico. A loro volta quei Paesi hanno arricchito l’ Unione con la freschezza del loro ideale europeistico, con culture e tradizioni proprie, con nuove energie economiche e politiche. Allargamento e approfondimento dell’ Unione sono termini complementari, non solo termini contrapposti.

Oggi, tuttavia, soltanto per alcuni Paesi – come Ungheria, Polonia o Repubblica Ceca – l’ allargamento puo’ essere il modo con cui l’ Unione da’ sicurezza e sviluppo a se stessa e ai vicini. Per altri – si pensi all’ Ucraina o al Nordafrica – e’ necessario elaborare strumenti diversi e tipici di una politica esterna propriamente detta: assistenza tecnica, trattati di cooperazione nel campo della sicurezza, sostegno allo sviluppo, alleanze, promozione di accordi regionali di cooperazione.

Con il Piano Marshall gli Stati Uniti furono capaci di combinare i tre elementi che segnarono tutta l’ evoluzione successiva dell’ Europa occidentale: consolidamento della democrazia, sviluppo economico, riconciliazione tra nemici. Una capacita’ non minore di invenzione politica e’ oggi richiesta all’ Unione europea.

Se sapra’ legare l’ accresciuta legittimazione democratica del suo nuovo governo a un progetto politico corrispondente alle necessita’ del momento storico l’ Europa potra’ compiere i passi verso l’ unione politica che lo stesso avvio dell’ euro prepara e richiede. Pace, democrazia, progresso economico e civile sono i beni elementari che i Paesi fondatori seppero ricreare costituendo la Comunita’ europea. Sono gli stessi beni che, dopo cinquant’ anni, l’ Unione deve saper far nascere intorno a se’ .

Il precedente articolo sul futuro dell’ Unione europea (Il soffio vitale della democrazia) e’ stato pubblicato domenica 25 luglio

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Data
1 agosto 1999
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera