Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 20 giugno 1999

La falsa libertà ingabbia l’Italia

Prezzi e decisioni collettive in Eurolandia


In Italia i prezzi sono aumentati, nell’ ultimo anno, del 2 per cento circa; in Eurolandia dell’ 1. Avviene ancora che l’ inflazione italiana sia doppia di quella tedesca. La scala ormai microscopica su cui si leggono queste differenze non deve dispensare dal vederle, capirle, preoccuparsene.

In un’economia libera ogni imprenditore, artigiano, commerciante, professionista e’ libero di fissare e variare a piacimento i prezzi di vendita del singolo prodotto o servizio che offre al mercato. Eppure il livello generale dei prezzi si muove, nel tempo, non in funzione di quelle innumerevoli decisioni individuali, bensi’ in funzione della quantita’ di moneta in circolazione, cioe’ delle decisioni di un altro soggetto, che e’ la Banca centrale. Nessun singolo prezzo e’ stabilito d’ imperio, ma il livello generale dei prezzi e’ fissato dalla politica monetaria. In questo campo, come in altri, le economie di mercato vivono di libere scelte individuali e di vincoli collettivi.

Con l’ avvento dell’ euro, il vincolo collettivo all’ andamento generale dei prezzi ha mutato configurazione. La moneta e’ unica e il tasso di inflazione si calcola per quel complesso di 11 Paesi che va appunto sotto il nome di Eurolandia: da Dublino a Siracusa, dal Portogallo alla Lapponia. Il vincolo non e’ piu’ affidato a 11 banche centrali, bensi’ a un eurosistema, formato da una Banca centrale europea e da quelle 11 banche centrali nazionali.

L’eurosistema e’ a sua volta vincolato da un trattato che gli impone di operare per l’ obiettivo prioritario della stabilita’ dei prezzi. Esso ha definito “stabilita’ dei prezzi” una crescita del livello generale dei prezzi inferiore al 2 per cento.

Se riuscira’ nel proprio mandato, l’ eurosistema dara’ prezzi stabili a Eurolandia: questo ha promesso, e per questo fine esso operera’ , in piena indipendenza. Non ha promesso, e non dara’ , la stabilita’ dei prezzi a ogni prodotto, regione, Paese. Sarebbero state promesse impossibili da mantenere.

Come spiegare che in Eurolandia, pur con una moneta unica e stabile nel suo valore generale, i prezzi crescono a velocita’ diverse tra i Paesi o tra le regioni? Se cio’ avviene e’ perche’ in quei Paesi o in quelle regioni vi sono comportamenti collettivi devianti. Siamo qui in una zona intermedia del sistema economico, situata tra i due estremi della liberta’ individuale (il negoziante, l’ imprenditore, l’ artigiano) e del vincolo collettivo (la politica monetaria). Una zona da cui sono assenti tanto la liberta’ dei singoli, quanto la responsabilita’ della buona politica; tanto l’ interesse particolare, quanto quello generale. In essa prendono decisioni collettive, o con effetti collettivi, poteri e sottopoteri come le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori, certe amministrazioni pubbliche, qualche volta perfino il governo e il Parlamento (se cedono a interessi particolari); oppure in essa si manifestano semplicemente abitudini diffuse, uniformita’ del comportamento sociale ed economico. Nella maggior parte dei casi sono decisioni che influiscono sull’ andamento dei prezzi attraverso i costi: le condizioni di impiego della manodopera, i salari e gli stipendi, i contributi sociali, la regolamentazione della produzione e della distribuzione, la tassazione.

Ne’ il mercato ne’ la politica monetaria sono in grado, almeno nell’ immediato, di impedire o sanzionare rapidamente (e quindi correggere) quelle decisioni. Ma le conseguenze, prima o poi, si manifestano.

Quali sono le conseguenze? Se un’ impresa aumenta i prezzi assai piu’ dei propri vicini e concorrenti ma offre anche un miglioramento di qualita’ gradito al mercato, essa continuera’ a lavorare perche’ la clientela le rimarra’ fedele. Altrimenti essa perdera’ clienti finche’ dovra’ scegliere tra chiudere bottega o ridurre costi e prezzi. Ebbene, la stessa cosa accade, in modo piu’ complesso ma secondo un’ identica logica, per un settore, una regione, un Paese: gli albergatori di una valle alpina o di un litorale marino, i produttori di scarpe o di argenteria di una regione, l’ economia di un intero Paese.

Quei settori, regioni o Paesi usciranno, come si dice, dal mercato; ma usciranno anche dalla fiducia nel futuro, dal rispetto per le proprie tradizioni, dalla capacita’ di influire sul mondo. Declino economico e decadenza civile.

Prima dell’ euro l’ Italia ha doppiamente sofferto le conseguenze negative dei suoi comportamenti: nella divisione monetaria europea e, il Mezzogiorno, nell’ unione monetaria italiana. Vediamo come.

Nella divisione monetaria europea. Nel ventennio 1974 – 1993 i prezzi sono aumentati in media dell’ 11,2 per cento l’ anno in Italia; del 3,8 per cento in Germania. In quello stesso periodo il prezzo di un marco e’ passato da circa 250 a quasi 1.000 lire. Inflazione dei prezzi e svalutazione del cambio si sono alimentate a vicenda. La divisione monetaria ha privato un’ intera generazione di italiani della nozione stessa di stabilita’ monetaria, creando incertezza, sfiducia nel futuro, arbitrio, ingiustizia.

Nell’ unione monetaria italiana. Circa nello stesso arco di tempo, da quando nel 1969 sindacati e imprenditori commisero il fatale errore di concordare la parita’ salariale in tutta Italia, il Mezzogiorno e’ scivolato lungo una china di inflazione dei costi e disoccupazione, china dalla quale ancora non e’ uscito: disoccupazione, lavoro nero, illegalita’ , mortificazione. Un passo compiuto in nome dell’ uguaglianza ha creato divisione e disparita’ . La Germania ha vissuto e vive, nelle sue regioni orientali, una simile esperienza dopo la riunificazione.

Come evitare queste brutte esperienze? Solo accompagnando alla maggiore uniformita’ monetaria determinata dall’ avvento dell’ euro una maggiore differenziazione in tutti i meccanismi collettivi che hanno effetto sulla formazione dei prezzi e dei costi. Solo la differenziazione, la flessibilita’ , l’ aderenza alla realta’ possono ridurre al minimo il divario tra l’ andamento dei prezzi e quello del valore effettivo di cio’ che si produce e si offre. Solo la differenziazione e la flessibilita’ possono mantenere ed espandere l’ occupazione, accrescere il benessere economico e sociale.

Si credeva che la capacita’ di competere in Eurolandia sarebbe stata massima nelle regioni centrali, minore in quelle periferiche. Oggi vediamo invece regioni periferiche come l’ Irlanda, il Portogallo e la Spagna muoversi con piu’ efficacia della Germania e dell’ Italia.

I Paesi hanno rinunciato, secondo l’ auspicio di Luigi Einaudi, a usare ciascuno il proprio “torchio dei biglietti”. Ma hanno conservato, e devono sapere usare, la liberta’ di scegliere tra sviluppo e declino economico.

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Data
20 giugno 1999
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera