Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 19 settembre 2003

Italia, il paradosso della debolezza che può fare grandi cose in Europa

Nel dopoguerra Roma comprese a fondo che unirsi significava costituire, nei campi ove nessuno Paese poteva bastare a se stesso, un potere superiore ai singoli Stati. Fu una scelta chiara che aveva radici profonde nella nostra cultura, permeata di universalismo, nella nostra storia vissuta e nei nostri interessi.

Come è potuto accadere che un Paese per secoli assente dalla scena internazionale, diviso, governato da altri, di fragili tradizioni civili e democratiche, lacerato moralmente e fisicamente da dittatura e guerra perduta, abbia subito avuto – e mantenuto per decenni – parte di rilievo in una delle più originali vicende dell’ età contemporanea, quale il pacifico e democratico farsi di un’ unione politica europea? Quale fu questa parte, su quali virtù e strumenti si fondò? E l’ apporto italiano fu pura generosità o fu ricambiato? Quali le prospettive che tutto ciò continui? A misura che la cronaca dell’ ultimo cinquantennio diverrà materia loro, gli storici incontreranno queste difficili domande. Qui propongo solo le riflessioni di uno che è stato, in alcuni momenti, testimone della vicenda narrata.

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La sintonia è, «in fisica, uguaglianza di periodo fra due o più fenomeni periodici; in senso figurato, perfetto accordo». Dopo la Seconda guerra mondiale, il «periodo» (il ciclo storico) dell’ Italia e dell’ Europa si sono trovati a coincidere, vi fu sintonia tra Italia e Europa.

Certo il farsi dell’ Unione Europea fu, prima e più di ogni altra cosa, riconciliazione e ricongiungimento tra Francia e Germania. Riconciliazione dopo guerre che in meno di tre generazioni (1870-71, 1914-18, 1939-45) fecero milioni di morti; ma anche ricongiungimento, dopo che la divisione dell’ impero di Carlomagno aveva spinto la storia europea alla secolare giustapposizione e contrapposizione di due realtà politiche diversissime come la francese e la tedesca.

Non è per accidente, né per prepotenza, che l’ unificazione europea procedette e procede sotto la spinta del cosiddetto motore franco-tedesco, riproducendone pause e accelerazioni. Nacque, infatti, da un disperato bisogno di pace, il primo e fondamentale bene di ogni unione; e, nel cuore dell’ Europa, le guerre erano state soprattutto di Francia e Germania, non dell’ Italia. Il peso dell’ Italia era, per di più, limitato da debolezza economica e militare, da carenza dell’ apparato statale e dell’ amministrazione, da antica sudditanza politica e diplomatica.

Ebbene, il paradosso di un’ Italia debole che fa grandi cose su uno dei fronti più nuovi e complessi della politica contemporanea si spiega, a mio giudizio, innanzi tutto con l’ aver l’ Italia fatto proprie, forse con più convinzione, continuità, coerenza d’ ogni altro Paese fondatore, l’ essenza e le ragioni dell’ Unione Europea.

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L’ Italia del dopoguerra comprese a fondo, e accettò, che unirsi in Europa significava costituire, nei campi ove nessun Paese poteva più bastare a se stesso, un potere superiore ai singoli Stati, gestito insieme. Fece una scelta chiara.

La scelta aveva radici profonde nella nostra cultura. È impossibile comprendere gli atteggiamenti dell’ Italia verso l’ unificazione europea senza riferirsi all’ universalismo della civiltà romana e del cristianesimo. La penisola italiana è il luogo dove il seme dell’ universalismo, che sotto nessun cielo è assente dall’ animo umano, crebbe nelle istituzioni e nelle coscienze più a lungo e con maggior forza. E anche l’ Umanesimo e il Rinascimento, i grandi contributi italiani alla civiltà moderna, nascono dall’ incontro della cultura classica con quella cristiana. Il fortissimo particolarismo degli italiani non è scomparso. Ma lo sono i tribalismi e le rivendicazioni etniche, che pure ancora incrudeliscono agli immediati confini del Paese; sono scomparsi non in nome del carattere repubblicano dello Stato nazionale, come avvenuto in Francia, bensì per un principio che ha plasmato l’ esperienza e la cultura popolare favorendo l’ assimilazione e l’ integrazione. «Il sole sorge per tutti» mi disse un giorno una fruttivendola, riferendosi al rapporto con immigrati e stranieri.

Sintonia radicata anche nella storia vissuta. L’ Italia ha direttamente e duramente sofferto, prima e più a lungo degli europei, la decadenza che segue l’ incapacità di darsi gli ordinamenti politici richiesti dal momento storico. In pieno Rinascimento essa primeggiava per splendore delle corti, cultura artistica e scientifica, raffinatezza di costumi, ricchezza; ma proprio allora, a causa dell’ incapacità di unificarsi e por fine alle proprie lotte interne, da soggetto, divenne oggetto della storia europea. La stessa mutazione da soggetto a oggetto sta ora avvenendo per l’ Europa.

Infine, sintonia d’ interessi. L’ Italia che usciva dalla guerra doveva consolidare la struttura dello Stato, edificare la democrazia e il mercato su basi più solide di quelle conferitele dalla storia nazionale, ricuperare un ritardo di secoli sulle correnti principali della storia europea, rimediare alla reputazione di alleato inaffidabile e poco utile. L’ Europa distrutta dalle guerre doveva edificare la pace su una base di libertà economica e politica, che le dittature avevano soppresso. Aveva bisogno, per farlo, di una base istituzionale nuova, che prima di tutto abbandonasse il rovinoso dogma della sovranità assoluta dello Stato e dell’ indivisibilità del suo potere.

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Chi governò la nostra giovane repubblica fu dunque convinto che si fosse aperto un ciclo storico, nel quale Italia ed Europa potevano, e dovevano, darsi reciprocamente molto. Vide, insomma, la sintonia tra ciclo storico italiano ed europeo e ne fece l’ orientamento strategico di quella che fu una grande politica.

Lo videro per prime forze e figure politiche di tradizione liberale e democristiana. Einaudi, che aveva propugnato il principio sovranazionale già nelle colonne de La Stampa nel 1896, poi nel 1918, poi da esule in Svizzera, riuscendo infine a iscriverlo nell’ articolo 11 della Costituzione italiana. De Gasperi, che progettò e avviò l’ unione dell’ Europa insieme con Schumann, Adenauer, Monnet, Spinelli.

Il principio fu poi compreso e accolto da altre forze. Da Nenni, che fece dell’ Europa la bussola della propria azione di ministro degli Esteri; da Craxi, che guidò il Consiglio europeo verso la riforma del trattato di Roma. Dal Partito comunista, che fece dell’ Europa il veicolo principale della sua lenta uscita dall’ ideologia totalitaria e dalla soggezione all’ Urss. Da Almirante, che cercando a Strasburgo una legittimazione politica che gli mancava, nel 1984 sostenne il Progetto Spinelli di Unione Europea.

L’ Italia divenne alleato non della Francia, o della Germania, o della Gran Bretagna, nel gioco continuo delle alleanze che ancora sussiste; divenne il più fedele e determinato alleato dell’ Europa che si stava facendo.

Per dar conto dell’ azione italiana in Europa seguiremo, in un prossimo articolo, gli avvenimenti che vanno dalla prima diretta chiamata alle urne del popolo europeo (1975, Consiglio europeo di Roma) alla prima importante modifica del Trattato di Roma (1986, Atto unico europeo). Qui ricordiamo l’ azione di De Gasperi negli anni Cinquanta, quella di Nenni o Colombo negli anni Sessanta, di Rumor o di La Malfa negli anni Settanta, l’ opera di Natali a Bruxelles o quella di Spinelli a Strasburgo. Ricordiamo la linea europea dei diplomatici della Farnesina o quella dei giudici italiani alla Corte di giustizia europea, o ancora quella dei funzionari italiani alla Commissione. Peso limitato, sì, ma quasi sempre volto al rafforzarsi dell’ unione in quanto tale, quasi sempre utilizzato con abilità e determinazione, peso spesso capace di far pendere la bilancia dalla parte dell’ Europa.

Non siamo tanto noi italiani, sono ancor più gli europei fuori del nostro Paese a riconoscere quante volte, senza il contributo dell’ Italia, le cose non sarebbero andate per il verso giusto. E sono loro a invocare, oggi, che quest’ azione non venga meno.

(1-continua)

I TRATTATI FONDATIVI

LA CEE

La Comunità Economica Europea venne istituita col Trattato firmato a Roma il 25 marzo 1957 da sei Paesi dell’ Europa occidentale (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Olanda), ai quali si sono successivamente aggiunti Danimarca, Irlanda e Regno Unito (1973), Grecia (1981), Spagna e Portogallo (1986), Austria, Finlandia e Svezia (1995) LA UE L’ Unione Europea è nata il primo novembre 1993 con l’ entrata in vigore del Trattato di Maastricht. Il primo gennaio 1999 11 Paesi su 15 hanno dato vita all’ Unione economica e monetaria. La Grecia si è aggiunta nel 2001. Sono rimaste fuori Danimarca, Gran Bretagna e Svezia


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Data
19 settembre 2003
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera