Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 9 ottobre 2000

Il peso invisibile dell’Europa ignara

Il futuro è aperto, ma il passato conta

Tra i pesi che frenano la navigazione dell’ Europa verso l’ unione ve n’ è uno quasi invisibile, sconcertante, particolarmente gravoso: è l’ inconsapevolezza del percorso compiuto. Ci si chiede «quale Europa» edificare, come se la costruzione iniziasse ora. La maturazione di una società e di un sistema politico, come quella di una persona, si fa anche con la comprensione, l’ assimilazione, la valorizzazione del già fatto, non solo con la scelta sul da farsi. Il futuro è aperto; ma il passato conta.

Negli ultimi dieci giorni, Prodi, Ciampi, Verhofstadt, Blair hanno parlato d’ Europa. Le questioni che hanno trattato non sono quelle del diritto internazionale, bensì i temi fondanti dello Stato moderno: il principio maggioritario, i diritti del cittadino, la forza militare, la Costituzione. Questi temi si discutono perché lo Stato europeo è incompiuto; ma non si discuterebbero affatto, se gli elementi di statualità non fossero già tanto avanzati da far risaltare l’ incompiutezza.

Un primo elemento è la sovranità. Questa parola non significa certo «potere assoluto e indiviso», come quando fu coniata: la lotta tra papato e impero e il secolo dei lumi non sono passati invano per l’ Europa (in altri Paesi e religioni si aspetta ancora). Ma non per ciò «sovranità» è divenuta parola insignificante. Intesa come «il potere più alto», la sovranità europea c’ è già nell’ economia, nella moneta, nelle relazioni economiche internazionali, nella difesa dell’ ambiente.

Un secondo elemento è la democrazia. Come quello nazionale, così il sovrano europeo è tale per volontà del popolo. Popolo europeo è, infatti, quello che elegge il Parlamento di Strasburgo e che dà o nega la fiducia alla Commissione di Bruxelles; così come fanno popolo e Parlamento italiani col governo della Repubblica. Tutte le istituzioni dell’ Unione sono radicate nel voto popolare. Nessun Paese potrebbe sospendere la democrazia e restare nell’ Unione.

Un terzo elemento è il principio maggioritario. Uno non può decidere per tutti; ma la minoranza non ha il diritto di impedire il bene comune. In mancanza di miglior definizione, «bene comune» è quello che i più considerano tale. Un cammino di secoli ha portato, proprio in Europa, alla formulazione di quel geniale e delicatissimo meccanismo della convivenza umana che è il principio maggioritario. Ebbene, l’ Unione quel principio l’ ha accettato, applicandolo sempre di più.

Analoghe considerazioni varrebbero per i diritti della persona, la cittadinanza, i principi di giustizia.

Certo, tutto ciò è incompleto, dunque fragile. La sovranità europea è assente nella difesa e nella politica estera. In molti campi l’ Europa può ancora legiferare contro la volontà del Parlamento, o può deliberare solo all’ unanimità. I diritti del cittadino sono enunciati parzialmente e mancano i mezzi per tutelarli. Perciò sono fragili la prosperità, lo stato di diritto, la pacifica convivenza che l’ Unione promette. Perciò occorre andare avanti.

L’ Europa non può navigare con successo se non sa dove si trova; essa è molto lontana dal porto di partenza. E’ pericoloso credere che l’ Unione sia fatta, ma non è meno pericoloso ignorare il già fatto e riproporre formule, come la semplice cooperazione intergovernativa, già fallite. Perché non tutto il nuovo è progresso, né ogni movimento avvicina alla meta.

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Data
9 ottobre 2000
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera