Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 3 maggio 1998

Il passo più lungo

Il semplice gesto con cui accettiamo di dare a uno sconosciuto lavoro, cibo, vestiti in cambio di banconote, pezzi di carta privi di valore intrinseco e’ un gesto di pace e di civilta’ fondato sulla fiducia che quei pezzi di carta un altro li accettera’ piu’ tardi. Forse con nessun altro gesto due estranei riconoscono piu’ chiaramente – e a proprio rischio – di appartenere alla medesima societa’. Scambiato piu’ volte ogni giorno da quasi ogni uomo e ogni donna, questo segno di riconoscimento e’ come una stretta di mano, che ancora oggi per molti vale piu’ della firma su un contratto. “Il commercio lima e addolcisce i comportamenti barbarici” scriveva Montesquieu nel 1748. Ci sono voluti i cent’anni di pace seguiti alle guerre napoleoniche e l’ascesa della societa’ borghese, perche’ una carta senza valore venisse accettata da tutti. Ed e’ stato necessario che la moneta fiduciaria (cosi’ si chiama quella carta) fondasse la sua credibilita’ nello Stato sovrano, perche’ da Alessandro Magno e ancor da prima e’ il sovrano che batte moneta.

Quel semplice gesto ora accomunera’ tutti gli europei, non piu’, separatamente, i cittadini delle nazioni formatesi dal Medio Evo all’800. Il sovrano e’ l’Europa: questo e’ il senso delle decisioni politiche prese ieri a Bruxelles. Nonostante le tensioni dell’undicesima ora e’ un passaggio storico che si compie; vi giungiamo dopo 50 anni di pace, ma prima di aver dimenticato le distruzioni e i dolori che anche un nato nel 1940 puo’ ricordare.

Il cittadino ne comprende il valore profondo forse meglio del tecnico. Ma come spiegargli il significato che ha per l’ordinamento europeo e per quello monetario? Per l’ordinamento europeo l’unione monetaria rappresenta il piu’ lungo singolo passo finora compiuto da quando, nel ‘50, si avvio’ l’integrazione europea. Per la prima volta, e in un campo fondamentale come la moneta, l’itinerario evolutivo viene portato a termine. Nasce il piu’ forte, il piu’ pervasivo elemento unificatore dell’Europa, il piu’ ricco di valori simbolici. Si dimostra coi fatti che il diritto a realizzare un’unione stretta non puo’ essere impedito da chi non la vuole. Si rafforza il principio che per parteciparvi occorre una volonta’ dimostrata nei comportamenti, oltre che nelle dichiarazioni. L’Italia ne ha dato, anzitutto a se stessa, una grande prova negli ultimi due anni, ma anche prima come artefice del Trattato di Maastricht. Ancora, nasce un’istituzione nuova, veramente federale, in una sede nuova, Francoforte, con un profilo istituzionale nuovo: basti pensare che nell’esecutivo della Banca centrale europea non tutti i Paesi saranno rappresentati e che nel suo consiglio il voto sara’ individuale, non ponderato per Paesi. Non meno importanti sono i significati per gli ordinamenti monetari. Compaiono, per la prima volta, una banca centrale e una moneta sovrannazionale riferite a un gruppo di Paesi ancora sovrani, membri di una unione ancora in fieri.

L’unione ha piena competenza microeconomica (apertura delle frontiere, regole sui prodotti e sui servizi, tutela della concorrenza), ma la sua capacita’ di politica macroeconomica e’, salvo che per la moneta, embrionale e sbilanciata: puo’ impedire il male (i deficit eccessivi) ma non puo’ fare il bene (una politica di bilancio propria).

E’ per questa ragione, oltre che per il suo fortissimo statuto giuridico, che la Banca centrale europea e la politica monetaria avranno una autonomia senza precedenti.

Le banche centrali nazionali, segnate da lunghe battaglie per l’indipendenza, sembrano ancora non paghe di quella ottenuta. Ma non e’ detto che saranno aiutate dall’operare quasi nel vuoto, senza un potere politico, una politica di bilancio, una vigilanza bancaria, una funzione di controllo dei mercati finanziari. Per la Banca centrale europea la vera insidia non sara’ la poca indipendenza, ma la troppa solitudine.

La parabola dell’Europa occidentale in questo secolo ha ricalcato, nell’arco di pochi decenni, il passaggio “dalle passioni agli interessi” di cui Hirschman ha tracciato il percorso intellettuale compiuto nel secolo XVIII. L’Europa centrale e orientale quel passaggio lo inizia ora e chiede il nostro aiuto.

Una unione che neppure per le funzioni affidatele soddisfa i principi cardine del costituzionalismo occidentale (equilibrio tra i poteri; fondamento del potere nel voto popolare; principio maggioritario), che non ha competenze vere di politica estera e di sicurezza interna ed esterna, e’ incompleta e debole.

Ha dunque ragione non solo chi applaude il passaggio di ieri, ma anche chi ne rileva l’incompiutezza, i rischi, la temerarieta’.

L’unione dovra’ compiere altri passi. Per realizzare la promessa di un’Europa unita, ma anche per assicurare il successo dell’euro, dovra’ ricordare che se il commercio addolcisce la barbarie esso, come scrive Adamo Smith, “fiacca il coraggio umano e tende a spegnere lo spirito marziale”. Per costruire ancora l’Europa potra’ in futuro fondarsi sulla trasformazione oggi innescata: perche’ il semplice gesto dello scambio ricordera’ innumerevoli volte a ciascuno l’appartenenza – oltre che a una citta’, una regione, una nazione – all’Europa.

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Data
3 maggio 1998
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera