Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 30 giugno 2004

I veri limiti dell’Europa

Distinguere un’idea dal modo di realizzarla


Del voto europeo (13 giugno) sono stati sottolineati la diserzione delle urne, la crescita degli antieuropei, il prevalere dei motivi nazionali. Del trattato costituzionale (18 giugno) è stato detto che non è una Costituzione. Ma interpretare correttamente i fatti è più arduo di quanto appaia. Non si può misurare l’ Europa che vediamo se non col metro di quella che vogliamo.

Le ombre esistono e chi le ignora sbaglia. Deve preoccupare che oltre metà degli elettori sia stata a casa, che in Gran Bretagna quasi il 17% abbia chiesto l’ uscita dall’ Unione, che nei dieci nuovi Paesi la diserzione abbia toccato l’ 80%. Allo stesso modo, deve inquietarci che, a differenza di tutte le Costituzioni del mondo, quella dell’ Europa preveda l’ unanimità per decidere nei campi in cui pur si afferma competente. Nemmeno la nuova Costituzione, se già in vigore, avrebbe dato agli europei (divisi tra loro, si badi, non più dei britannici o degl’ italiani) una politica comune sulla questione irachena.

Si tradiscono i fatti ignorando che – dopo secoli di predominio nel mondo – a noi europei mancano oggi ordinamenti politici, capacità di decidere e risorse comuni anche solo per avere influenza oltre la porta di casa: perciò la nostra cultura e la nostra stessa sopravvivenza sono in pericolo. La retorica non ferma il declino. Altro che criticare l’ America: dobbiamo vedere i nostri limiti e capire l’ ostacolo che ancora ci separa da una compiuta unione politica.

Ma si tradiscono i fatti anche scambiando le ombre per nero della notte o addirittura deducendone che per «l’ idea di Europa» è suonata se non l’ ultima, la penultima ora. In queste affermazioni vi sono errori di rilevazione dei fatti e un ben più grave errore di pensiero.

Errori di rilevazione. Il partito antieuropeo cresce in Gran Bretagna, ma cala altrove e diminuisce il numero totale dei parlamentari euroscettici, mentre in Francia il partito europeo aumenta. Sono premiate le forze politiche che hanno fatto più campagna (pro o contro) sull’ Europa che su temi nazionali. L’ assenteismo è grave, ma sa il lettore che in 25 anni gli europei sono stati più assidui nel votare il loro parlamento che gli americani nel votare il loro presidente? È clamoroso. Altro errore: non è forse Costituzione una legge europea saldamente riconosciuta (ancora pochi giorni fa dal Consiglio costituzionale francese) superiore a quella nazionale? Incompiuta, sì, ma Costituzione. Ombre, sì, ma non nero notte.

Ancor più grave è l’ errore di pensiero: si manca di distinguere tra la qualità di un’ idea e la qualità del modo in cui viene realizzandosi. E senza questa distinzione fondamentale sia il pensiero sia l’ azione vagano alla cieca. Un’ idea realizzata male non è ipso facto sbagliata. Può essere sbagliata o impossibile; ma può anche essere giusta e poco realizzata o difficile da tradurre in soluzioni concrete od ostacolata da avversari potenti. La diserzione delle urne è contrarietà a un’ Europa unita o indifferenza a un’ unione che si proclama ma non si fa, a un Parlamento con poteri troppo esigui, a un bilancio ancora insignificante? Il cittadino rifiuta l’ Europa velleitaria e accidiosa, non quella che fa sul serio. Al voto per Strasburgo è andato solo il 20% dei polacchi, ma a quello per l’ adesione il 60. Gl’ irlandesi votarono contro il Trattato di Nizza, ma accolsero entusiasti l’ euro.

Non si possono commentare i fatti della cronaca europea senza leggerli con cura, senza distinguere l’ idea dal modo di realizzarla, senza esplicitare e giustificare quale idea di Europa ispira il commento. Altrimenti è nero perché gli occhi sono chiusi, non perché fuori sia buio.

(il precedente editoriale di Tommaso Padoa-Schioppa sull’ Europa è stato pubblicato il 22 giugno)

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Data
30 giugno 2004
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera