Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 3 aprile 2006

Unione Europea, il peggio è passato

L’ inizio della nuova legislatura italiana cade mentre la costruzione europea attraversa uno dei tipici momenti di incertezza che ne hanno segnato tutto il cammino. In passato, quei momenti avevano trovato un fattore di stabilità e di continuità proprio nell’ Italia.

L’ Italia era il Paese che neppure le crisi facevano deflettere dalla rotta dei fondatori: graduale creazione di un potere sopranazionale che, nei pochi ma essenziali campi dove la dimensione degli Stati è ormai inferiore a quella dei problemi da affrontare (economia, esteri, sicurezza), possa decidere e agire efficacemente. Nelle fasi di stallo, sull’ Italia si poté sempre contare per un rilancio.

Oggi si ritiene che l’ Europa non possa ripartire prima che la Francia abbia un nuovo presidente, nella primavera 2007. Probabilmente è vero, come è vero che la crisi europea è in gran parte francese: disagio sociale, dramma della società multiculturale, disarticolazione delle grandi famiglie politiche, esaurimento dello stile e del linguaggio politico creati dal gollismo, soprattutto mancato ripensamento strategico dopo la riunificazione tedesca, il crollo dell’ Urss, l’ allargamento dell’ Unione a 25-30 Paesi.

Ma è anche vero che l’ anno davanti a noi non è di semplice attesa. Il modo in cui alcuni Paesi chiave opereranno nei prossimi mesi determinerà se e come l’ Europa potrà ripartire nel 2007. Un riesame della politica europea s’ impone, ed è in parte iniziato, in vari di essi.

Siamo, tipicamente, nello spazio politico e temporale in cui un’ azione italiana può svolgersi con successo, a beneficio dell’ Italia stessa e dell’ Europa.

All’ inizio dell’ estate scorsa l’ Europa è stata in grandissimo pericolo. In Francia il fronte antieuropeo aveva conseguito, per la prima volta dal 1954, una sonante vittoria e la Gran Bretagna, assumendo la presidenza dell’ Unione, aveva l’ occasione storica per concludere vittoriosamente la sua lunghissima opposizione alla nascita di un potere sopranazionale nelle questioni d’ interesse comune.

L’ occasione è stata perduta; è mancato quello che in linguaggio militare si chiama lo sfruttamento del successo. È stata decisiva l’ insipienza, come quella mostrata da Blair nel non staccarsi dai pochi milioni di euro che gli hanno alienato il sostegno del Centro Europa. Ma ancor più importante è stata la vera mancanza di alternativa all’ Europa per la politica francese. Se de Gaulle nel 1965 ancora poteva trattenere i francesi nel sogno dell’ autosufficienza, la coalizione eterogenea del no del 29 maggio 2005 mancava di ogni strategia positiva.

La Germania di Angela Merkel ha dato tre chiari segni della sua linea europea. Il primo: ha posto fine a una vera e propria politica dell’ antipatia nei confronti del Centro Europa. Il secondo: ha ripreso contatto con gli Stati Uniti, combinando amicizia e fermezza. Il terzo: ha chiarito che il Trattato Costituzionale non può essere arbitrariamente sepolto, dopo che tutti i governanti, compreso Blair, avevano firmato l’ impegno di portarlo alla ratifica e che 14 di essi l’ hanno effettivamente ratificato.

Segnali positivi anche da altri fronti. L’ economia sembra uscire dalla stagnazione della prima metà del decennio. In Germania risale la fiducia. Il Patto di Stabilità e di crescita ha resistito alla minacciosa turbolenza in cui si è trovato quando Francia e Germania lo trasgredirono nella forma e nella sostanza. Per togliere l’ economia europea dalla morsa in cui la stringono Asia manifatturiera e America tecnologica il più resta da fare; ma probabilmente il peggio è passato. Anche in materia di politica estera e di cooperazione nella sicurezza interna e nella giustizia l’ Unione compie, nonostante tutto, qualche passo avanti.

L’ Europa ha conosciuto due «crisi di ratifica» prima di questa. Negli anni Cinquanta, dopo la bocciatura del Trattato Ced (Comunità europea di difesa) e negli anni Novanta, dopo che i danesi bocciarono la moneta unica. In entrambi i casi ci vollero due-tre anni per ripartire. Una volta si cambiò direzione (dalla difesa al mercato comune), l’ altra si proseguì nella direzione tracciata (la moneta unica).

L’ Italia della prossima legislatura avrà una importante carta da giocare. Dovrà saper riprendere la via europea troppo spesso trascurata in questi anni.

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Data
3 aprile 2006
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera