Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 19 giugno 2005

Come ritrovare l’unione smarrita

Nazioni, comunità e mondo globale


Sulle due questioni più controverse – Costituzione e bilancio futuro – la riunione europea di Bruxelles si è chiusa senza risultati. I critici e gli ostili sono ringalluzziti: per essi la crisi conferma che inquadrare lo Stato nazionale in un’ unione che lo superi e lo completi è vano e indesiderabile.

Informarsi, distinguere, capire sono le premesse di una partecipazione consapevole alle vicende del mondo. E ascoltare più voci aiuta. Perciò offro al lettore un’ interpretazione diversa, grato a chi dissente se vorrà contrargomentare. Ritengo sia in crisi non l’ idea dell’ unione ma il suo modo .

Costituzione e bilancio futuro sono questioni centralissime della politica. Appartengono soprattutto agli Stati, che della politica hanno acquisito e cercano di difendere il monopolio. In enti come il Fondo monetario internazionale ( Fmi) o in alleanze militari come la Nato non vi sono zuffe sulla Costituzione, e blande sono quelle sulle risorse.

Dunque, un punto di fatto: l’ Unione europea si occupa dei problemi classici di una formazione statuale, con litigiosità e vizi propri della politica. Se ne occupa perché essa è già una formazione di tipo statuale: incompleta, imperfetta, ma reale. In oltre mezzo secolo essa ha emanato leggi, chiamato i cittadini al voto, riformato ordinamenti giuridici ed economici, cancellato frontiere, istituito la propria moneta.

Lo Stato contemporaneo, però, è fondato sul concetto di nazione. Come un tempo intorno al re, così oggi intorno alla nazione lo Stato ha organizzato interessi, risorse, apparati amministrativi, partiti. La nazione fattasi Stato si è rivelata un’ idea infiammante, un surrogato della passione religiosa. Dopo due guerre atroci, chiedere ai cittadini di morire a milioni per la patria è forse impossibile; ma per sostenere il potere largamente illusorio di chi governa lo Stato l’ idea di nazione funziona ancora.

Nell’ elogio che se ne fa, lo Stato nazionale è riproposto come aggregazione umana perfetta e intangibile; assicurerebbe democrazia, omogeneità di cultura, solidarietà sociale, sicurezza interna ed esterna, potenza nel mondo. L’ elogio, si noti, viene soprattutto da Stati che si fondarono in tutt’ altro modo: non sul concetto di nazione o sull’ autodeterminazione dei popoli, bensì con matrimoni combinati, conquiste militari e feroci repressioni.

Quell’ elogio è, purtroppo, un misero inganno: l’ ha svelato la tragedia europea del secolo scorso; lo svelano ogni giorno l’ impotenza e l’ assenza dei Paesi europei, ormai troppo piccoli per i problemi che il mondo pone.

Da inganno, assenza, impotenza si cerca di uscire con l’ Unione. Non certo un super Stato che sostituisca quelli nazionali; piuttosto un’ unione che abbia capacità di decidere e mezzi per agire nelle poche materie in cui lo Stato nazionale è impotente o troppo minaccioso.

Come stupirsi che il tentativo di fondare un’ unione politica con gli strumenti del diritto e della democrazia sia faticoso, pieno di contraddizioni, pervaso di ambiguità e ipocrisie, impregnato di vuota retorica, disseminato di passi falsi e occasioni mancate?

Non può essere la difficoltà del cammino a qualificare un’ idea come immeritevole di essere perseguita. È sul valore di quell’ idea che occorre pronunciarsi, sulla possibilità di realizzarla, sul modo di attuarla. La possibilità è dimostrata dal molto già realizzato. Il modo è opinabile, ora giusto, ora errato. Ma la questione iniziale, quella che in un momento di incertezza profonda non si può assolutamente eludere, è il valore dell’ idea, dell’ obiettivo, la sua qualità intrinseca. Di là si deve partire per capire la crisi e uscirne.

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Data
19 giugno 2005
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera