Italia, una ambizione timida
Classe dirigente e rischi di declino
Se nei primi decenni del dopoguerra l’ansia della rincorsa è stata sufficiente a spingere la crescita della società italiana, da dieci, quindici anni non è più così. Raggiunto il tenore di vita dei paesi europei avanzati, esaurite le droghe della ricorrente svalutazione del cambio e della spesa in disavanzo, l’Italia ha conosciuto una prolungata stagnazione economica, una perdita di competitività, una crisi di fiducia. Poche nascite, poca ricerca, stallo della produttività poche innovazioni, poca flessibilità del lavoro. Soprattutto, poca voglia di eccellere, paura di cambiare, rifiuto del rischio. Ma non è solo l’Italia a essere timida nella sua ambizione, ad avere una classe dirigente ripiegata su se stessa. Anche l’Europa rischia di interrompere il suo cammino e declinare, se non si dà istituzioni capaci di decidere e mezzi per agire.
La doppia ambizione, italiana ed europea, è il motivo ricorrente dei saggi di Tommaso Padoa-Schioppa, qui raccolti in un libro. Il suo sguardo è sempre puntato – quando parla di federalismo o di lavoro, di patriottismo economico o di sfida cinese, di finanza o di mercato, di multiculturalismo o di proselitismo – sulla nuova responsabilità dell’essere a un tempo italiano, europei, cittadini del mondo.
Chiamata in causa è la classe dirigente – non solo il politico che governa ma anche l’intellettuale, il sindacalista, il burocrate, il dirigente d’impresa -, cui spetta di ripensare i modi con cui esercitare la propria responsabilità in un mondo mutato.
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