Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 3 giugno 2006

Quando cambia un governo

Il tempo della pazienza e della vigilanza

Il sistema politico e la società italiana iniziano un passaggio importante, nuovo, difficile: il cambio di governo. Occorrerà tempo per realizzarlo, e ancor più per giudicarlo. Poiché è interesse di tutti che riesca, si eviti il detto: il predecessore è un incompetente, il successore un ambizioso. Anche in Italia, ormai, il vincitore dovrebbe essere moderato dal rischio di perdere il potere; e lo sconfitto sostenuto, ma pure disciplinato, dalla speranza di riacquistarlo un giorno.

Il passaggio è importante, perché un sistema politico democratico non è veramente tale se non impara a compierlo bene. Nel suo discorso d’ insediamento, il nuovo presidente del Senato ha ricordato a tutti, citando Popper, che pregio della democrazia è assicurare non tanto il governo del migliore, quanto la pacifica sostituzione di quello ritenuto incapace o indegno. Ed è rimasta celebre la frase del socialdemocratico Wehner ai democristiani tedeschi, per la prima volta non più al potere: «E’ giusto che in una democrazia a ciascuna forza politica sia data l’ occasione di servire il Paese dai banchi dell’ opposizione!». Nell’ Italia del suffragio universale il passaggio è anche nuovo. Per quasi quattro quinti di secolo (se si risale al 1922) vi è stata una «democrazia bloccata». Poi, per tre volte consecutive (nel 1994, nel 1996 e nel maggio scorso), gli elettori hanno scelto la coalizione precedentemente sconfitta; ma l’ unica occasione di un vero avvicendamento (nel ‘ 94) fu mancata.

Soprattutto, il cambio di governo è difficile. Richiede al nuovo governo tenacia per attuare il programma; ma anche umiltà per correggere sbagli e illusioni iniziali; e consapevolezza che una repubblica è tale perché pubblica è la cosa governata. Richiede alla nuova opposizione di capire la propria sconfitta, meditare sugli errori, essere unita quanto lo sarebbe se avesse vinto; di resistere alla tentazione di bloccare il vincitore prima che governi davvero. Richiede all’ Amministrazione dello Stato (quadri ministeriali, altri corpi dello Stato, istituzioni pubbliche, autorità indipendenti e via dicendo) di distinguere e rispettare primato della politica, imperio della legge, propria sfera di autonomia. Una distinzione e un rispetto che sono stati erosi, nel tempo, dall’ infausto combinarsi della lunga permanenza al potere delle stesse forze politiche con l’ instabilità dei governi.

Quale il compito della società civile e di quella sua parte, la più influente e responsabile, che va sotto il nome di classe dirigente? Il compito di «spettatore impegnato», secondo Aron; detto altrimenti, pazienza e vigilanza in dosi forti. Pazienza, perché un avvicendamento non avviene in poche settimane, comporta errori, ricerca faticosa del percorso, maturazione lenta degli effetti. U no o due anni ci vollero per Margaret Thatcher e per Mitterrand; ma qualche settimana dopo l’ insediamento del governo Prodi, già veniva l’ invito non a correggere la rotta ma ad avvicendare il timoniere. Vigilanza, perché il passaggio riuscirà solo se il governo sarà sollecitato a trovare la sua strada migliore da una società civile attenta, indipendente, coraggiosa, consapevole del proprio ruolo, non ansiosa di ingraziarsi un nuovo padrone.

Sia il mercato sia la democrazia sono, nei rispettivi campi, sistemi in evoluzione. Trenta, cinquanta, settant’ anni fa l’ uno e l’ altra funzionavano molto diversamente da oggi perché – meccanismi di correzione degli errori – essi stessi si perfezionano con l’ esperienza. Non ritenersi mai perfetti, essere sempre perfettibili: queste le forze con cui hanno sconfitto l’ illusione comunista. Il voto decide il cambio di governo, ma non lo compie. E’ un passo fondamentale verso la maturità di un sistema politico democratico; ma non è l’ ultimo.

Vedi l’articolo in pdf

Stampa Stampa
Data
3 giugno 2006
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera