Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 20 settembre 2004

Quale Alitalia per gli italiani

La crisi vista da parte dei consumatori


La vicenda Alitalia è un caso esemplare per l’ inusitata chiarezza e urgenza con cui si è presentato il nodo da sciogliere: se non si vende più, non si può più produrre.

Ma i fili ingarbugliatisi in quel nodo erano molteplici e filati da tempo. Uno è il contrasto tra erraticità della domanda e rigidità dei costi del trasporto aereo, gravissimo per Alitalia ma comune alle crisi di Lufthansa, Sabena, British Airways, Delta. Un altro è la tensione tra concorrenza internazionale e attaccamento alle imprese-simbolo dello Stato nazionale, che accomuna Alitalia a passate crisi di Alfa Romeo, Italsider, Olivetti, Montedison. Un terzo è l’ interpretazione zoppa della dimensione sociale dei problemi economici. Vorrei soffermarmi su quest’ ultimo.

In termini semplici si può dire che – soprattutto in Italia, ma anche in altri Paesi europei, tra cui la Germania – la questione sociale tende a essere riferita a bisogni, aspirazioni e dignità di chi produce, assai più che di chi acquista e usa un bene o un servizio, o aspira ad acquistarlo e usarlo. Lo spartiacque sociale più fortemente, se non esclusivamente, percepito è tra lavoratore e padrone, non tra produttore e utente; il patto sul quale fondare il progresso sociale è ancora il «patto tra i produttori», non tra questi e i consumatori, o addirittura tra cittadini.

Quando s’ ispira a questa visione, l’ interpretazione si fa zoppa, perché trascura che una crisi d’ impresa non ha un solo risvolto sociale, ma due. Il primo è la sofferenza dell’ incolpevole dipendente, che la collettività deve cercare di lenire. Il secondo è il beneficio di una migliore offerta, di cui sarebbe ingiusto e antisociale privare il cittadino. Di solito, infatti, la crisi è determinata dal fatto che il bene o il servizio prodotto dall’ impresa è ora offerto da un concorrente a miglior prezzo o miglior qualità.

Oggi, la giovane coppia che a stento vive con mille euro al mese può arredare casa, ascoltare ottima musica, o andare a Londra grazie ai prezzi di Ikea, Naxos e Ryan Air, che nessun mobiliere, discógrafo o compagnia aerea nazionali gli offrono. Da che parte sta il sociale?

Se dovessimo dire che cosa ha cambiato la condizione sociale degli italiani nelle ultime generazioni dovremmo menzionare, a fianco dello statuto dei lavoratori, l’ accesso popolare a beni e servizi un tempo per pochi. Ed è una crescita che non ha uguale nei secoli passati, assoluta e relativa, perché l’ Italia è rapidamente salita non solo nei livelli, ma anche nella graduatoria mondiale del benessere.

Disprezzare questo elevarsi della condizione di vita come consumismo è pregiudizio da ricchi, o pauperismo di chi pretende di decidere dall’ alto come il popolo deve vivere. Una scelta di povertà ha valore se è fatta per se stessi, non per altri.

Poiché nel mondo aumentano sia il benessere sia la popolazione, vi sono prodotti e servizi che non muoiono, anzi continuano a espandere il loro mercato: dall’ abbigliamento al trasporto. Quelli che nascono e muoiono, invece, sono i modi di produrli e le imprese che li forniscono.

Il «viaggio in Italia» è un bene antico di secoli, un tempo riservato a europei facoltosi che viaggiavano in carrozza; ora è alla portata di milioni di giapponesi, coreani, russi, cinesi. Ad esso si è affiancato, da solo una generazione, il «viaggio all’ estero» degli italiani, i quali esportano gran parte della loro produzione e, come turisti, visitano spiagge e musei di tutto il mondo. Ecco il ricchissimo mercato naturale di una compagnia di navigazione aerea italiana. Se sappiamo non lasciarcelo sfuggire.

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Data
20 settembre 2004
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera