Tipo: Articoli Fonte: Corriere della Sera 29 novembre 2006

Il tiro alla fune

Probabilmente, pochi nel governo prevedevano entrate fiscali così corpose. Ma per paradosso, l’abbondanza può rivelarsi un problema per l’Unione. Le liti provocate dai tagli e dalle tasse nella coalizione di Romano Prodi, minacciano di ripetersi se Palazzo Chigi deciderà di ridistribuire parte dei soldi incassati. Il rischio riflette l’eterogeneità del centrosinistra. E ripropone il conflitto fra una sinistra antagonista convinta che il governo abbia dato troppo alla Confindustria e poco al proprio elettorato; e partiti come la Margherita e la maggioranza dei Ds, convinti di dover sfruttare l’occasione per contrastare l’immagine di un riformismo perdente agli occhi del ceto medio.
È un braccio di ferro che ha implicazioni insidiose per la voglia di rivincita di quanti si sono sentiti colpiti dalla finanziaria: a ragione o a torto, praticamente tutti. E spiega la cautela del ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Dietro la sua disponibilità di massima si avverte la determinazione a non prendere decisioni immediate; e a concedere il meno possibile per non scardinare la manovra e non replicare litigi. L’insistenza con la quale la Margherita chiede che si definisca «al più presto» quando e come si potranno abbassare le tasse, è un segnale chiaro. E, sul lato della spesa, lo sono altrettanto le spinte di Prc e Pdci ad eliminare i ticket sulle cure mediche.
Si tratta delle due possibili direzioni che potrebbe prendere una «fase due» negata da Prodi e da Padoa- Schioppa; ma in qualche modo rilanciata dall’afflusso imprevisto delle entrate tributarie. I diessini intuiscono che le pressioni contrapposte promettono di creare tensioni. E si rendono conto di occupare una posizione mediana tutt’altro che comoda. Un loro uomo, il viceministro dell’Economia, Vincenzo Visco, regista della strategia fiscale del governo, ha cucita addosso l’etichetta di uomo delle tasse. Per i diessini si tratta di una medaglia a doppio taglio, dal punto di vista elettorale.
Il maggior partito di governo intuisce lo scontento che scorre nelle vene del Paese. Il ministro Vannino Chiti assicura che esiste «l’impegno politico» a ridurre la pressione fiscale. Non si spiega altrimenti il «viaggio di ascolto» annunciato dal segretario dei Ds, Piero Fassino: un’iniziativa che sottolinea l’autonomia dalle decisioni del governo.
Eppure, sulle tasse anche Fassino è cauto: dice di volerle abbassare, ma opta per una linea gradualista e si preoccupa del deficit del 2006. L’attenzione è rivolta, insieme, alla coalizione e alle istituzioni europee.
Ma a Palazzo Chigi le critiche internazionali possono tornare utili. I richiami a intermittenza della Commissione Ue a volte sembrano irritare il premier e Padoa-Schioppa; di fatto li aiutano a far passare le scelte meno popolari. E le parole usate ieri da Joaquín Almunia, commissario Ue agli affari economici, confermano il gioco di sponda Roma-Bruxelles. Al termine dell’Ecofin, Almunia ha detto che i soldi entrati grazie al fisco vanno usati non per diminuire le tasse «ma per tagliare il deficit, sempre»; e che spera in una finanziaria «approvata così com’è». C’è da giurare che Prodi sarà d’accordo: gli servirà a scongiurare il tiro alla fune tra riformisti dell’Unione e sinistra radicale.
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Data
29 novembre 2006
Tipo
Articoli
Fonte
Corriere della Sera