Il risanamento e le università
Caro direttore,
la consapevolezza che occorresse un giro di boa per ricondurre il bilancio dello Stato lontano da scogli contro i quali rischiava di naufragare – e con lo Stato, sia chiaro, l’ intero Paese – si sta finalmente facendo strada. E va salutato con rispetto il senso di responsabilità che stanno dimostrando le istituzioni: anzitutto regioni, comuni, province, ministeri.
Fare ordine nella spesa pubblica, rimediare alla penuria rinunciando al superfluo è faticoso, per le persone come per le istituzioni. Tuttavia questo sforzo può costituire l’ occasione, forse irripetibile, per migliorare la qualità dei servizi pubblici e rendere il Paese migliore e più competitivo.
A questo compito, come è naturale, non può sottrarsi neppure il mondo delle Università e della ricerca, proprio perché è un mondo al quale è indispensabile destinare risorse crescenti nel tempo. Che vi sia ancora qualche spazio per risparmi su spese superflue, pur dopo le riduzioni di stanziamento degli ultimi anni – cioè per rendere più fruttuose le risorse di cui le Università attualmente dispongono – è opinione talmente diffusa da non richiedere chiose. Non capita di incontrare un solo docente universitario che non si dichiari convinto di ciò, con riferimento alle cose che conosce da vicino: che è poi l’ unico modo per conoscere davvero la realtà.
Soprattutto vi è la consapevolezza dell’ esistenza di profonde asimmetrie: nella distribuzione del personale docente e non docente, nella qualità delle prestazioni didattiche e scientifiche, nella disseminazione delle sedi, nelle condizioni di accesso dei giovani alla ricerca. E vi sono carenze gravi nell’ edilizia come nelle strutture residenziali per gli studenti. Il compito da svolgere per le Università, nell’ esercizio della loro autonomia, è davvero impegnativo.
Due premesse. L’ Italia non spende significativamente meno degli altri Paesi sotto il profilo della ricerca pubblica; il preoccupante divario è nel settore della ricerca privata. La spesa per studente in Italia è sì inferiore a quella di altri Paesi, ma in Italia si tiene conto anche degli studenti fuori corso e all’ estero no. Università e ricerca sono settori di tale importanza da esigere la massima chiarezza riguardo alle strategie e alle risorse che il governo intende perseguire e mobilitare. L’ obbiettivo di potenziarle e non certo di sacrificarle è per il governo essenziale. Per questa ragione il governo, e il ministro Mussi in particolare, ha fatto e sta facendo in questi giorni ogni sforzo per rispondere in modo positivo, nei limiti di un bilancio impegnativo e contrassegnato dal rigore, a richieste che in gran parte sono fondate.
Il Fondo ordinario per il sistema universitario, che nel 2006 era calato rispetto al 2005, tornerà a crescere nel 2007, sia pur di poco: da 6,9 miliardi a 7 miliardi di euro, con un aumento di 89 milioni. Quei 7 miliardi sono esentati dal meccanismo di accantonamento previsto per tutti gli altri ministeri (un meccanismo che, ove applicato anche agli atenei, avrebbe sottratto loro circa 1,2 miliardi nel triennio). Circa le risorse per il finanziamento dei vari progetti, si sono stanziati circa 2,1 miliardi nel triennio, di cui 1,1 sono costituiti dal Fondo per il finanziamento della ricerca. Soprattutto, viene rimosso il blocco delle assunzioni di giovani ricercatori sia nelle università sia negli Enti di ricerca e viene resa possibile la stabilizzazione dei ricercatori precari degli Enti. Uno specifico stanziamento è stato disposto per il reclutamento di giovani ricercatori: 7,5 milioni nel 2007, 30 milioni annui a decorrere dal 2008. Per il diritto allo studio è stato previsto un incremento di 10 milioni di euro a partire dal 2007.
Rimane il punto rappresentato dalle risorse di funzionamento messe a disposizione del ministero, la cui dotazione è stata oggetto di una riduzione percentuale pari a circa il 12 per cento che potrà essere ripartita al fine di contribuire al contenimento della spesa pubblica. Il meccanismo di accantonamento-flessibilità opera per circa 200 milioni nell’ area degli Enti di ricerca (Cnr, Enea e altri) ed è questa l’ unica area di vera criticità. Riconosco che la questione è delicata e assicuro che si cercherà di intervenire con appositi correttivi.
Troppo poco? Troppo poco, purtroppo. Ma abbastanza per sottolineare – nell’ anno di una severissima e indifferibile correzione dei conti pubblici – che ricerca e formazione avanzata dei giovani sono priorità forti del governo. Ministro dell’ Economia e delle Finanze