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Questo mondo a due velocità

31 dicembre 1999 @ 14:25 In 1 - La Globalizzazione, Mondo

1999: le contraddizioni della globalità


Che cosa sono dodici mesi quando l’ avvento di tre zeri segna contemporaneamente un decennio, un secolo, un millennio? Eppure, bastano cose accadute nell’ anno brevissimo che ora finisce a mostrarci quanto contraddittorio, difficile da decifrare, incerto sia il divenire della convivenza umana nel mondo d’ oggi.

Il 1999 incomincia con la volontaria e pacifica rinuncia delle nazioni europee alla diversita’ delle monete, uno dei segni piu’ antichi e piu’ forti in cui esse si erano identificate per secoli. Moneta unica significa societa’ unica, identita’ comune, non solo unico mercato. Paesi e popoli che per due volte in una generazione avevano sacrificato milioni di vite umane a ideologie di nazione e di razza sembrano riconciliati tra loro e con se stessi.

Quelle ideologie, pero’ , affascinano ancora. Se nell’ Europa unita se ne lasciano sedurre solo poche frange della gioventu’ , nei territori che furono la Jugoslavia e l’ Unione Sovietica esse occupano molta parte del vuoto lasciato dalla rovina dell’ Utopia comunista. Ispirano stermini etnici, deportazioni, indicibili crudelta’ . Le Nazioni Unite sono incapaci di difendere i diritti dell’ uomo, cosi’ come la Societa’ delle Nazioni fu incapace di difendere la sovranita’ degli Stati. In Jugoslavia, nella primavera scorsa, interviene infine la Nato. L’ Europa volle l’ intervento, perche’ comprendeva la minaccia di un ritorno dei propri peggiori demoni alla porta di casa; ma per agire le mancavano armi e tecnologie; non aveva ne’ la capacita’ militare ne’ quella istituzionale; non era disposta a rischiare la vita di un solo soldato. Cinquant’ anni non le sono bastati a creare una piena unione politica.

Nella stessa primavera, il Parlamento eletto dal popolo europeo spinge alle dimissioni la Commissione di Bruxelles e obbliga i governi nazionali ad affrontare la prima “crisi di governo” europea. Il nuovo governo europeo nasce in estate, secondo metodi nuovi, non dissimili da quelli con cui si forma un governo nazionale: legame con il voto popolare, presentazione di un programma politico, scelta dei ministri – commissari, investitura parlamentare. Se la Commissione Prodi riuscira’ o no, lo dira’ il tempo; ma la Commissione non potra’ piu’ essere svilita al rango di burocrazia priva di legittimazione politica.

In autunno, il Senato degli Stati Uniti boccia il trattato internazionale per la messa al bando dei test nucleari; cresce considerevolmente il rischio di una completa perdita di controllo del pericolo nucleare. La sicurezza contro quel pericolo e’ un bene dell’ umanita’ intera, ma in un mondo diviso essa non ha i mezzi per procurarselo.

Poche settimane dopo, nella citta’ americana di Seattle, un nuovo negoziato commerciale mondiale fallisce prima ancora di cominciare. Si allontana una prospettiva di ampliamento degli scambi che avrebbe giovato soprattutto ai Paesi in via di sviluppo. Ad essi gli Stati Uniti chiedevano impegni di tutela dei lavoratori che lo stesso Occidente ricco ha appena conquistato; gli europei chiedevano che i sussidi comunitari alle esportazioni agricole non fossero nemmeno posti in discussione; gli uni e gli altri erano restii ad aprire i propri mercati ai manufatti che i Paesi poveri sanno meglio produrre; i meccanismi istituzionali del negoziato erano inadatti alla complessita’ delle questioni da trattare e al groviglio degli interessi da conciliare.

In dicembre, a Helsinki, il Consiglio europeo decide di estendere da sei a dodici Paesi il negoziato per l’ ingresso nell’ Unione europea: per popolazione complessiva e reddito, quei dodici Paesi rappresentano oltre un quarto ma meno di un quindicesimo dell’ Unione europea. Nella stessa occasione, viene accettata, quale Paese candidato all’ Unione, la Turchia.

Potra’ funzionare un’ Unione di quasi trenta Paesi e oltre mezzo miliardo di persone? Che significhera’ , se avverra’ davvero, l’ ingresso di un Paese parzialmente asiatico, gia’ sede di un grande impero che per secoli ha minacciato l’ Europa cristiana, dove i diritti civili e le liberta’ democratiche devono ancor oggi realizzarsi pienamente? Sara’ la fine dell’ Europa unita concepita da Schumann, De Gasperi e Adenauer, il suo regresso a molle area di scambi commerciali? Oppure sara’ il trionfo di quell’ idea e la dimostrazione che essa ha una forza tale da travalicare gli stessi confini dell’ Europa?

Mentre l’ anno si chiude, l’ umanita’ sembra assistere inerte alla distruzione del popolo ceceno da parte dell’ esercito russo. Pochi s’ indignano. Cio’ che si fece e si disse alla Serbia non si osa fare e dire alla Russia. Neppure si attuano forme deboli di pressione, che tuttavia sono state identificate e sono possibili.

Quale significato comune lega questi diversi fatti accaduti nello spazio di pochi mesi? Forse il seguente: essi indicano il contrasto tra la velocita’ con cui il mondo si sta unificando e la lentezza con cui gli uomini riescono a darsi strumenti e istituzioni per governarlo come un mondo unico. Il mondo si unifica rapidamente attraverso lo scambio delle immagini e delle informazioni, la circolazione delle merci e dei capitali, la migrazione delle persone. Diviene uno anche nella coscienza morale e civile. La pieta’ per il dolore patito e l’ indignazione per l’ ingiustizia perpetrata non li proviamo piu’ solo per il vicino di casa, il connazionale, il correligionario; e’ diventato nostro prossimo la persona dal volto sofferente che vediamo a migliaia di chilometri di distanza e di cui non comprendiamo la parlata. Popolo eletto e’ divenuta l’ umanita’ intera, non piu’ solo la parte di essa identificata dal sangue materno o dal battesimo.

Eventi quali la moneta unica, l’ intervento a favore di una minoranza oppressa, l’ apertura alla Turchia sono tentativi coraggiosi e sorprendenti di superare i limiti ormai troppo angusti in cui le funzioni di governo sono state chiuse per secoli. E tuttavia sono insufficienti, pieni di rischi, talora errati, spesso contraddittori. Si allarga l’ Unione Europea, ma si esita a rafforzarla. Si condanna il lavoro minorile nel Terzo mondo, ma se ne impediscono le esportazioni. Si interviene in Kosovo, ma si lasciano morire i ceceni e i curdi. Si cerca la sicurezza nucleare, ma si respinge il trattato che la favorirebbe. Si aspira alla pace, ma si negano i contributi all’ Onu. Per quanto rapidi e significativi, i passi compiuti sono tardi e lenti rispetto a quelli della tecnica, dell’ economia e delle stesse coscienze.

Duemila anni fa vi era un mondo politicamente unito e pacificato, pronto al diffondersi della buona novella che ha trasformato la coscienza umana. Oggi la coscienza che il mondo e’ uno e’ contraddetta dalla divisione politica. Non e’ detto che la contraddizione possa durare a lungo. Il tempo concessoci per pensare e creare istituzioni adatte, per modificare i comportamenti e gli atteggiamenti mentali e’ limitato; e il compito spetta soprattutto alle persone, alle societa’ , ai Paesi che hanno maggior benessere e maggiore istruzione.

Anche cento anni fa, al tramonto del secolo passato, sembrava di vivere in un mondo pacifico e unito. Pochi anni dopo, con un conflitto nei Balcani, il pendolo inverti’ il suo corso.

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