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Lo status quo è pericoloso

11 luglio 2005 @ 11:14 In 1 - La Globalizzazione, Mondo

Dopo il G-8 e l’attacco a Londra


Chiunque abbia osservato alla televisione gli attentati di Londra ha provato grande ammirazione per il popolo e le autorità britanniche: ordine, compostezza, controllo. Proprio lo stesso Paese che nel 1940 aveva preparato la sconfitta di Hitler opponendogli, prima ancora delle armi, il carattere. Era evidente una quasi perfetta preparazione: tutto era pronto per un attentato, anche il modo in cui i mezzi d’ informazione avrebbero operato. Bloccato l’ accesso all’ epicentro della tragedia, telecamere puntate assai più sui soccorsi che sulle vittime, estrema cautela nel conteggio dei morti, visione di feriti sempre già medicati.

I terroristi hanno clamorosamente perso la battaglia delle immagini.

Per mostrare panico e cruenza, le televisioni dovevano continuamente ricorrere agli attentati di Madrid del 2004 o a quelli di New York del 2001.

Business as usual, è il bell’ elogio della normalità che fa la lingua inglese: «Andiamo avanti come al solito», non cediamo al ricatto dell’ emergenza. Tenacia, rifiuto di lasciarsi dirottare dall’ imprevisto. Vi è una profonda virtù in quest’ essere, come dice Dante, «ben tetragono ai colpi di ventura».

«Andiamo avanti come al solito», però, anche a Gleneagles. E lo sforzo di magnificare i risultati del G8 non è riuscito a nascondere che su Africa, commercio, clima, energia i risultati sono minimi o nulli.

Business as usual qui è segno di miopia, non di tenacia.

Non si poteva forse attendere uno scatto di volontà all’ ultima ora, per effetto degli attentati. Il vertice non è più la riunione informale inventata nel 1975 da Giscard d’ Estaing e Schmidt: poca televisione, poche persone, vestite da lavoro, senza ordine del giorno, emancipate per qualche ora da apparati e consiglieri. Quella era una piccola barca cui l’ equipaggio poteva imprimere un cambio di rotta; questo è un enorme transatlantico guidato da un tetragono pilota automatico, sul quale i cosiddetti potenti della terra viaggiano come passeggeri, in abito di vacanza o di gala.

Non gli attentati terroristici dovrebbero far mutare la rotta dei Paesi ricchi, potenti, prepotenti, inquinatori. Ma un’ analisi attenta e spregiudicata dello stato del mondo e dei propri stessi interessi, sì.

L’ analisi dice che i temi del vertice erano quelli su cui è a rischio il futuro dell’ umanità. Dice che la cifra del regalo all’ Africa è modesta e non nuova (i quattro quinti erano stati decisi da tempo). Che cancellare debiti in genere serve a poco e forse nuoce, perché rischia di atrofizzare le capacità produttive dei Paesi poveri e di aggravarne le corrotte amministrazioni. Dice che solo una minore grettezza nel commercio – soprattutto agricolo e tessile – può favorire lo sviluppo dei continenti poveri: sono le spropositate sovvenzioni al cotone americano o alle barbabietole europee che impediscono al contadino africano di esportare cotone e zucchero. Dice che portando il carbonio dal sottosuolo all’ atmosfera si cambia il clima e si minaccia la vita sulla terra; l’ effetto serra è stato scoperto da più di un secolo.

Africa, commercio, clima: i temi dell’ agenda erano quelli giusti. Sono temi centrali anche per la questione dell’ odio e della sicurezza nel mondo, terrorismo compreso. Ma su quei temi il progresso da anni è solo millimetrico, mentre l’ aggravamento corre.

«Attentano ai nostri valori», «non cambieremo il nostro modo di vivere»: sono le espressioni che ricorrono nel commento dei grandi presenti al G8. Ma forse i valori di libertà e democrazia, beni preziosi non solo «nostri» ma dell’ umanità intera, li mette in pericolo proprio la nostra incapacità di cambiare, anche poco, il nostro modo di vivere.

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