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Globalizzazione? Purtroppo è poca

19 luglio 2001 @ 15:15 In 1 - La Globalizzazione, Mondo

Una democrazia mondiale da inventare


Come può l’ arte di governo dare giustizia sociale, benessere, civile sicurezza se la realizzazione di questi beni non si esaurisce più nell’ ambito dei singoli Stati, cui essa rimane confinata? Ecco la domanda fondamentale che la globalizzazione ci pone. E l’ onesta risposta è: «Non lo sappiamo ancora». Non lo sanno né i governanti né i manifestanti convenuti a Genova. Per molti problemi non abbiamo soluzione; per altri, della soluzione abbiamo il principio, ma non le modalità; quando conosciamo principio e modalità la realizzazione è, allo stato attuale, spesso impossibile.

La difficoltà confonde la mente. Quando i problemi sono acuti e le soluzioni non chiare, cresce il rischio di azioni affrettate che portano danno anziché rimedio. Non si può dimenticare che ingenti doni di cibo fecero crollare l’ agricoltura di Paesi affamati, immiserendone ancor più le popolazioni.

Per grandi che siano le differenze economiche e sociali entro gli Stati, quelle su scala mondiale sono ancor più drammatiche. Oggi ne soffriamo come un tempo soffrivamo della miseria nella strada accanto, perché passando dai nonni, ai padri, ai figli la coscienza di chi sia il nostro prossimo si è dilatata. La televisione ci fa riconoscere un fratello nel volto scavato di un africano o di un fuggiasco. Alla compassione si accompagna una nuova responsabilità.

Il nodo centrale di Genova (come quello di Nizza, pochi mesi fa, per l’ Europa) è che l’ economia, travalicate le frontiere politiche, manca di governo. I governi legittimi non sono efficaci, quelli efficaci non sono legittimi. Il G8 riesce talora a governare il mondo, ma non è percepito come legittimo. La tensione che ne deriva è avvertita con forza dai fautori come dai nemici della globalizzazione, dall’ una come dall’ altra parte delle transenne poste dalla polizia per separare i partecipanti alle riunioni.

Affinché la tensione si allenti occorre che il campo politico e il campo economico-sociale dell’ attività umana, pur distinti e separati, avvicinino i loro perimetri. I modi sono due: tornare indietro, riducendo il raggio dell’ economia; oppure andare avanti, allungando il raggio della politica.

Tornare indietro sarebbe dannoso soprattutto per i poveri del mondo. E’ la via del tribalismo, del nazionalismo, della miseria. Non si può ignorare che la questione sociale fu aggravata, non risolta, con la soppressione del mercato e la chiusura delle frontiere; che progresso tecnico e commercio internazionale abbiano enormemente ridotto l’ area della fame nel mondo; che il terzo- mondismo inteso come ideologia alternativa abbia portato tirannia, disuguaglianza e povertà. Oggi che la tecnologia dei trasporti e delle comunicazioni rende arduo ogni tentativo di isolare un Paese, tornare indietro richiederebbe ancor più repressione e crudeltà che in passato.

Andare avanti significa cercare modi ad un tempo efficaci e legittimi per fare fronte ai mali mondiali della povertà, della disuguaglianza, dell’ ingiustizia, dell’ oppressione politica. Quei modi vanno inventati, così come dovettero essere inventati nel passaggio dai villaggi alle città, ai piccoli poi ai grandi Stati, fino all’ Unione europea di oggi.

Modi efficaci. Significa innanzi tutto rafforzare le istituzioni internazionali, perché solo esse hanno per missione l’ interesse del mondo. Di esse (Nazioni Unite, Fondo monetario internazionale, Organizzazione mondiale del Commercio, Organizzazione mondiale della Sanità) occorre accrescere autorità, risorse, capacità d’ intervento, indipendenza. Bisogna renderle capaci di decidere anche quando non tutti sono d’ accordo.

Oggi sono spesso viste con ostilità sia dai governi, che difendono poteri nazionali, sia dagli anti-global, che le accusano di non rispondere alle sfide. Ma se non rispondono è perché sono troppo deboli. Mi ha colpito l’ invettiva di un manifestante al telegiornale: «Va soppressa l’ Omc (Organizzazione mondiale del commercio), un potere praticamente illimitato, sovrannazionale». Magari fosse un potere sovrannazionale! La vera questione è che l’ Omc non ha il potere d’ imporre le regole che dovrebbero accompagnare ogni libertà economica. Animato da ottime intenzioni, quel manifestante chiedeva al mondo di tornare indietro nel momento stesso in cui si qualificava come cittadino del mondo. La globalizzazione impaurisce anche perché è vista come una soppressione dell’ identità locale. Ma noi in Italia sappiamo bene che il sentirsi fortissimamente vicentini, e quindi tradizionalmente avversi ai veronesi, non impedisce di sentirsi veneti né, come veneti, italiani. Anzi, più si scende (fino al livello della famiglia), più forte è il senso di appartenenza. In politica ciò significa riconoscere che forme di governo superiori non sopprimono, oggi, le inferiori; pongono solo fine al potere assoluto degli Stati nazionali. Perché non considerarlo un progresso se persino la Chiesa considera oggi una provvidenza la fine del proprio potere temporale?

Diversamente dal mondo, l’ Europa ha saputo costruire insieme la libertà e le sue regole: una medesima legislazione non solo permette ma anche regola la circolazione di beni, capitali, servizi e persone. Una simile capacità di costruzione parallela non esiste su scala globale. Modi legittimi. Significa andare oltre la legalità dei trattati internazionali ed elaborare prime forme di democrazia mondiale. Sulla terra ci sono 200 Stati sovrani, circa 6.000 lingue. Alla radice della democrazia sta la persona, non lo Stato. Ma forme di democrazia mondiale ricondotte alla persona vanno pensate ex novo. I governi di molti Stati sono autoritari; ma neppure riunendo quelli democraticamente eletti si assicura una vera democrazia mondiale, perché ciascuno di essi ha per missione l’ interesse nazionale. Un giovane mi ha chiesto: «Se il G8 è il governo del mondo, chi è l’ opposizione?». Non c’ è per il mondo, come invece esiste per l’ Europa, un parlamento eletto dove l’ opposizione sia presente. I dimostranti di Genova esprimono il bisogno d’ opposizione che è proprio di ogni processo politico. Essi hanno poca legittimità ma, come reggitore del mondo, non ne ha molta neppure il G8. Nessuno sa ancora come organizzare una democrazia planetaria. Rafforzare le istituzioni globali, articolare il potere su più livelli, inventare la democrazia su scala mondiale. Sono punti sui quali l’ Europa ha dato il buon esempio nella seconda metà del secolo, così come aveva dato il cattivo esempio nella prima. Sia culturalmente sia politicamente oggi l’ Europa è più preparata ad accettare questi principi di quanto lo siano gli Stati Uniti d’ America; e se mesi fa li avesse realizzati più compiutamente a Nizza, oggi essa sarebbe, nella vicina Genova, modello di un più civile ordinamento mondiale. Tocqueville scrisse che le crisi della democrazia si superano con più democrazia. La crisi della globalizzazione si supera con più globalizzazione. È una gara contro il tempo: il pericolo del ritorno indietro è grave, come fu ritorno indietro la fine dell’ illusoria pace dei primi anni del XX secolo, fine voluta e salutata da manifestanti entusiasti.

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