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Ciascuno nel mondo

23 settembre 2001 @ 15:28 In 1 - La Globalizzazione, Mondo

Parte della risposta ai tragici fatti dell’ 11 settembre dev’ essere un intrepido e assorto ritorno al quotidiano operare, alla fiducia a scuola e in Borsa, alle normali conversazioni in casa e in ufficio. La capacità di liberarsi dalla minaccia del terrore che ha improvvisamente colpito il mondo dipenderà anche da come ciascuno, nel mondo, vivrà questo ritorno. Ciascuno nel mondo, perché miliardi di persone di tutte le età hanno visto le immagini del disastro, centinaia di milioni conoscono New York e ne hanno visitato le torri.

In quello stesso martedì di settembre, nei minuti e nelle ore che seguirono l’ attacco, in innumerevoli sedi pubbliche e private, dentro e fuori gli Stati Uniti, ci si riunì sgomenti, non sapendo che fare. Si decise che «il lavoro continua», business as usual. Per i più non era insensibilità, ma bisogno di una norma sicura, dunque di normalità.

Lavoro, abitudini, normalità hanno subìto l’ urto di eventi orridi e discriminanti che ognuno ricorderà per sempre. Sappiamo, stiamo poco per volta capendo, che quegli eventi porteranno cambiamenti anche nel vivere quotidiano. Né il prevalere del terrore né la sua sconfitta lascerebbero immutate le nostre abitudini. Tanto meno le lascerà immutate la lotta contro il terrore, di cui ora non conosciamo né i tempi né l’ esito.

Del vivere quotidiano, della normalità, l’ attacco terroristico è stato ferita e tradimento. Normale era la giornata di lavoro cui si accingevano le migliaia di persone che sono morte. Normale era la vita in cui i terroristi si erano mimetizzati per anni in attesa del giorno dell’ attacco. «Normali», si disse mesi fa, erano Omar ed Erika prima e dopo l’ uccisione di mamma e fratello.

Il quotidiano è fatto di abitudini lente a cambiare. In ciò sta il suo valore, perché in-corpora saggezza e civiltà sedimentate a lungo, entrate nelle fibre di ciascuno. Le abitudini sono e danno forza. Ai bambini danno fiducia; agli adulti libertà. Il lavoro è necessità e fatica; ma è anche sicurezza e riflessione. Nel ritorno al quotidiano vi sono consolazione e sostegno, ma anche difesa e riaffermazione della saggezza e della civiltà.

Il ritorno al quotidiano diventerà una risposta intrepida se sapremo evitare l’ insidia di due tentazioni, due forme di evasione dalla realtà, ugualmente pericolose: l’ indifferenza nel quotidiano e lo sconvolgimento del quotidiano. Dovremo invece fare il possibile perché il pensiero di ciò che è avvenuto, la ricerca delle cause, la volontà di fare fronte impregnino il nostro quotidiano, facendone riconoscere insieme il valore e le mancanze, dunque le correzioni necessarie.

Quando, durante un gioco, Ignazio di Loyola e alcuni suoi compagni si chiesero come avrebbero speso quell’ ora se avessero appreso che era l’ ultima della loro vita, chi disse che si sarebbe ritirato a pregare, chi che sarebbe corso dai suoi cari o avrebbe donato ogni suo bene ai poveri. Ignazio disse: continuerei questo gioco.

A ciò che è accaduto occorrerà dare una risposta che si muova contemporaneamente su piani diversi: militare, politico, civile, culturale, economico. Comprendere quale debba essere la giusta risposta in ciascun campo è impresa ardua. Ancor più ardua e lunga sarà l’ attuazione delle risposte. Dalla qualità di quest’ opera complessa dipenderà la sopravvivenza dei valori che l’ attacco dell’ 11 settembre ha offeso. L’ elaborazione delle risposte più difficili coinvolge soprattutto governi, specialisti, classi dirigenti. Ma il modo in cui avviene il ritorno al quotidiano coinvolge tutti ed è parte essenziale dell’ opera da compiere.

Business as usual non è espressione di ottusa indifferenza o di egoismo. Business in lingua inglese non significa affari, capitalismo, egoismo, prevalere dell’ interesse proprio. Significa invece professione, serio lavoro, questione difficile. Ciò che Leopardi chiama «travaglio usato».

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