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Alla fine decide la gente comune

21 ottobre 2001 @ 15:25 In 1 - La Globalizzazione, Mondo

Il peso dei cittadini di fronte alla guerra


La lotta contro il terrorismo sarà decisa alla fine dai civili, dalla gente comune che vive negli Stati Uniti, in Europa, Afghanistan, Palestina, Pakistan. Ciò significa che ciascuno ha una porzione d’ influenza sull’ esito.

L’ ho chiamata lotta ma si può ben chiamarla guerra trattandosi, secondo il dizionario, d’ ostilità armata tra nazioni. Guerra del resto la chiamano le parti combattenti. Lungo i secoli l’ uso organizzato della violenza per risolvere contrasti economici, politici, religiosi, per conquistare o difendere anime o territori, per conculcare o restaurare diritti e libertà, ha assunto forme sempre nuove, cui spesso non è stato dato subito il nome di guerra: da un’ unica decisiva battaglia tra piccole schiere di nobili o di mercenari, quasi un duello cavalleresco, a prolungati, efferati e diffusi scontri, dove la violenza non era usata solo da soldati né solo contro soldati.

La democratizzazione della guerra, non solo della pace, fa parte del progressivo ingresso delle masse nel processo storico, della loro assunzione di libertà, responsabilità e coscienza. Le armate napoleoniche erano cittadini in uniforme e vinsero grazie anche alle adesioni che suscitarono nei Paesi conquistati; dove quelle adesioni mancarono, come in Spagna e in Russia, la conquista non avvenne. Il cosiddetto «fronte interno» fu essenziale per l’ andamento e l’ esito della prima guerra mondiale. Gli Stati Uniti persero la guerra del Vietnam perché nelle case americane erano divenute insopportabili le immagini di violenza trasmesse dalla televisione. La guerra del Golfo fu interrotta prima della vittoria per il timore che l’ esperienza del Vietnam si ripetesse.

La subordinazione dei militari ai civili è da tempo elemento essenziale dell’ ordine costituzionale di un Paese che si dica, appunto, civile. S’ intendeva con «civili» il governo politico. Oggi il potere civile è distribuito tra la gente comune. A questa debbono, alla lunga, sottostare non solo i poteri militari ma gli stessi poteri di governo.

Tutto ciò è sommamente vero dove democrazia, informazione libera, vigilanza dell’ opinione pubblica permeano il sistema politico e sociale. Ma è vero anche, sebbene in minor misura, dove esse sono meno presenti o addirittura represse; e non vi è alcun Paese in cui siano del tutto assenti.

Saranno alla fine i cittadini del Pakistan a decidere se l’ alleanza con gli Stati Uniti durerà, quelli dell’ Afghanistan a decidere fino a quando il governo talebano nasconderà e proteggerà i capi del terrorismo. Saranno i cittadini israeliani a decidere se continuare a incendiare il mondo per mantenere qualche abusivo insediamento coloniale. Saranno gli americani e gli europei a decidere se la libertà e i diritti della persona meritino di essere difesi con la vita così come furono conquistati con la vita. Ma sta anche a loro, non solo alle loro élite, smettere di vendere armi, di chiudere i mercati ai prodotti dei Paesi poveri e di lesinare aiuti allo sviluppo.

Saranno i musulmani moderati, la stragrande maggioranza, a decidere se in nome dell’ Islam si possano commettere stragi d’ innocenti.

Abbiamo visto in Italia meno di venti anni fa, che il terrorismo organizzato s’ impianta quando tra il terrorista e l’ onesto cittadino non vi è vera soluzione di continuità. Dal terrorista attivo si passa al postino delle Brigate rosse, al simpatizzante, a chi del terrorismo condivide i fini ma non i mezzi, al cattivo maestro, a chi non sta «né con lo Stato né con le Brigate rosse», a chi lascia che le sorti del mondo siano decise da altri e non legge neppure i giornali. In Italia il terrorismo fu infine sconfitto solo quando una rivolta morale, spesso insorta nella coscienza stessa dei terroristi, creò una frattura in quel magma. Progressi nella lotta alla mafia, al terrorismo basco, sono stati compiuti o mancati a seconda che ci fosse o mancasse quella frattura. I civili decidono.

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