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Le occasioni finora mancate

19 luglio 2009 @ 12:52 In 2 - La Politica, Italia

Nella nostra storia nazionale il 2009 vede la vera fondazione di due grandi partiti animati da una stessa e concorrente ambizione: governare l’Italia nei decenni a venire. Solo il tempo dirà se sono inizi fecondi o occasioni mancate, ma è adesso che l’importanza del fatto deve essere colta, dal politico di professione come da ogni cittadino responsabile. I partiti storici, cui i due neonati del 2009 subentrano, erano segnati da circostanze ormai scomparse da tempo: dominio di grandi ideologie, suffragio ristretto, ascesa del proletariato, italiani largamente analfabeti, senza scarpe ai piedi né acqua corrente in casa, emigranti a milioni.

Alcuni (il liberale, il repubblicano) avevano fatto il Risorgimento; uno (il socialista) le lotte sociali; uno, la riconciliazione dei cattolici con lo stato unitario; due (il fascista, il comunista) erano figli malati della democrazia, fautori tenaci di regimi totalitari, divenuti membri legittimi della famiglia democratica solo dopo decenni perduti, non prima del 1945 e del 1989, grazie all’opera educatrice dell’Unione europea. Il contesto storico è nuovo, i mali dell’Italia antichi: occorrono forze nuove per affrontarli. Guai a fare dell’anagrafe una discriminante, novità e giovane età sono cose diverse: Giovanni XXIII divenne Papa alla soglia degli 80 anni e il doge veneziano che conquistò Costantinopoli aveva superato i 90.

E tuttavia colpisce che, diversamente da quelli di oggi, i fondatori di ieri — i Turati, i Gramsci, gli Sturzo, i Mussolini — ponessero fondamenta all’alba e non al tramonto della loro esperienza politica. L’osservazione, si badi, dice di più dell’accidia dei giovani che della pervicacia dei vecchi. Occasioni mancate o inizi fecondi? A sinistra, fu di certo occasione mancata l’avvio del Pd nel 2007, quando invece di applicarsi alla costruzione del nuovo partito la sua guida abbatté il governo Prodi, disciolse la coalizione vincitrice del 2006 e restituì il potere all’opposizione. A destra, tarda la costruzione di un partito vero, di cui il capo del governo diventi il prodotto piuttosto che il produttore. Fa difetto a entrambi la chiarezza su punti fondamentali come il finanziamento, l’accesso, le regole interne.

L’opera da svolgere è enorme. Essa abbraccia quattro materie, bisognose di analisi distinte, ma ugualmente indispensabili a una formazione politica duratura. Ideologia: non ritratti di padri e nonni alle pareti, bensì principi resistenti al mutare delle circostanze, per istituzioni, democrazia, giustizia, laicità, economia, socialità, Europa, relazioni col mondo. Organizzazione: tesseramento, militanza, democrazia interna, finanziamenti. Linea politica: alleanze, programma, proposte per affrontare, oggi e nella prossima legislatura, questioni quali l’illegalità e la crisi finanziaria. Leadership: chi deve guidare il partito, con che criterio fare la scelta, che relazioni tra partito e capo del governo.

Partiti che aspirino a governare l’Italia in modo non effimero devono plasmare quelle quattro materie in modo nuovo, chiaro, convincente, che guardi, sì, all’oggi, ma ancor più al dopodomani. Seppero farlo i migliori tra i partiti di ieri. Solo questo aspetta una generazione nuova di italiani nati e cresciuti nella repubblica o in essa giunti da paesi e culture diverse, spesso ostili alla politica e ai partiti, educati nell’epoca della scuola e della televisione di massa, assetati di legalità e di riconoscimento del merito.

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