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Una Bretton-Woods per lo yuan

26 gennaio 2011 @ 11:16 In 1 - Attualità, Europa

di Alessandro Merli

Le lettere sono partite in queste ore. Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha scritto ai suoi colleghi, i capi di stato e di governo del G-20, per ricordare loro che il nuovo gruppo delle potenze tradizionali dell’economia mondiale e dei protagonisti emergenti ha gestito bene l’emergenza dopo la scoppio della grande crisi globale, ma ha bisogno ora di affrontare le ragioni di fondo della crisi, se vuole evitarne una drammatica ripetizione. Squilibri globali, volatilità dei cambi, accumulazione eccessiva di riserve valutarie, governance globale sono tutti problemi irrisolti.

Parigi mette sul tavolo del G-20 la riforma del sistema monetario internazionale, da decenni il Sacro Graal della Francia. La gravità dell’ultima crisi ha convinto anche molti altri che il suo momento è arrivato. Sarkozy si è armato dell’aiuto di un gruppo di “saggi”, ispirato dall’ex direttore del Fondo monetario, Michel Camdessus, e dall’ex ministro dell’Economia italiano, Tommaso Padoa-Schioppa (che ha partecipato attivamente fino alla penultima riunione di dicembre, pochi giorni prima della sua improvvisa scomparsa) e composto da altri luminari della diplomazia economica internazionale, come l’ex capo della Federal Reserve, Paul Volcker, e il super-esperto Ted Truman.

I saggi hanno prodotto un documento di una decina di pagine, che l’Eliseo ha allegato alla sua lettera,

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e predisposto uno studio più dettagliato che sarà sul tavolo dei ministri finanziari e dei governatori alla riunione di metà febbraio a Parigi. Di fatto, costituirà la base di partenza della discussione che la presidenza francese del G-20, pur navigando con cautela fra le visioni contrapposte di Stati Uniti e Cina, vuol condurre in porto quest’anno.

Il G-20 ha affrontato con decisione la fase più acuta della crisi, poi, appena le cose hanno cominciato a normalizzarsi, ognuno ha preso a muoversi da

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sé e per sé. I problemi di lungo termine sono rimasti largamente intatti, se si esclude il pesante lavoro sulla nuova regolamentazione della finanza coordinato dal Financial Stability Board. «La cooperazione internazionale – dice il documento dei saggi, battezzato “iniziativa di Palais Royal” dal nome del loro ultimo incontro – è un ingrediente necessario nella ricerca della prosperità nazionale».

Ogni paese deve prendersi le proprie responsabilità e promuovere il bene comune globale «a volte anche contro l’interpretazione limitata, localistica degli interessi nazionali», afferma il documento in toni insolitamente espliciti per il gergo degli officials (anche se ex) internazionali. Solo accettando, se necessaria, qualche limitazione alle scelte nazionali, i membri del G-20 possono arrivare alla stabilità globale: un messaggio politico chiaro.

La presenza di un componente tuttora investito di una carica ufficale, e non di poco conto, come la signora Hu Xiaolian, vicegovernatore della Banca centrale cinese, può aver smorzato, confermano i partecipanti alle discussioni, qualche possibile critica alla politica del cambio di Pechino, ma non la discussione a fondo delle problematiche che il dopo-crisi ha lasciato senza soluzione. Su ogni punto, il rapporto avanza raccomandazioni dettagliate nella versione più tecnica e che toccherà al G-20 concretizzare.

Fra queste, la più significativa è l’adozione di benchmark quantitativi sui quali valutare le politiche economiche e finanziarie dei paesi, anche nelle loro ripercussioni sui partner, e che funzionino come campanello d’allarme, e un sistema d’incentivi e sanzioni. Riportando al ruolo di arbitro, anche con un ruolo più incisivo sulla questione cambi, il Fondo monetario, invece dei paesi stessi del G-20, come previsto ora, in quanto questi hanno un “patto di non aggressione”. «I benchmark devono far scattare una revisione che abbia i “denti” per indurre a modifiche di policy», dice il direttore di Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, che ha raccolto il testimone di Padoa-Schioppa e ha favorito il supporto tecnico di via Nazionale al gruppo di Palais Royal. Del resto, i due banchieri centrali avevano su questi temi un dialogo ultradecennale. Un paper scritto assieme nel 1994 alle celebrazioni dei 50 anni di Bretton Woods (Managing a market-led global financial system) prefigurava alcune dei problemi legati all’interazione fra politiche e mercati finanziari, che sarebbero esplosi poi con la recente crisi.

Il documento delinea anche un ruolo maggiore per i diritti speciali di prelievo (Dsp), la moneta-paniere dell’Fmi, in cui Sarkozy ha insistito in questi giorni che andrebbe inserito lo yuan (ipotesi che nell’immediato non piace né all’Fmi, né agli Usa). Padoa-Schioppa, ricorda Saccomanni, pensava alla creazione di un mercato privato dei Dsp, come avvenne per l’ecu, il precursore dell’euro, o al conto di sostituzione in cui l’Fmi assorba l’eccesso di liquidità in dollari ed emetta Dsp, assumendo, nell’interesse della stabilità globale, il rischio di cambio. L’impronta di Padoa-Schioppa su tutta l’iniziativa è forte, tanto che i suoi colleghi ricordano che «con lui, il mondo ha perso un eccezionale architetto e sostenitore del bene comune globale».

Il gruppo di Palais Royal suggerisce inoltre che G-20 e Fmi finiscano in qualche modo per integrarsi, con la creazione, sotto il vertice dei leader le cui riunioni dovrebbero limitarsi a una all’anno, di un Consiglio del Fondo formato dai ministri, ma che rappresenti anche i paesi oggi esclusi dal G-20.

Leggi l’articolo [9]


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